Solo con gli straordinari riuscirà ad evitare il crac
Gli effetti sul mercato: il valore dei cartellini si abbassa
MILANO La Lega di A si riunisce quasi ogni giorno e quasi ogni giorno litiga. Non è facile, in tempi di coronavirus, gestire la tripla emergenza: sanitaria, sportiva, economica. Servono misure straordinarie per fronteggiare la crisi: la prima buona notizia è che da lunedì sarà possibile per le società il rinvio al 30 aprile del pagamento di ritenute e contributi. Su un punto i presidenti sono d’accordo e contano sull’appoggio della Figc: bisogna fare di tutto per arrivare in fondo alla stagione. Altrimenti per molti nostri club rimettersi in piedi sarà impossibile.
Nessuno crede all’ipotesi di tornare a giocare dal 4 aprile. La Confindustria del pallone spera di farlo all’inizio di maggio: ci sono 9 weekend sino alla fine di giugno e 12 sono le giornate da recuperare, 13 se consideriamo una finestra per le partite saltate del 25° turno. Giocando domenica e mercoledì si può evitare il crac. Per andare oltre il 30 giugno, data di scadenza di contratti, prestiti e impegni con gli sponsor, serve invece un decreto ministeriale.
Ma il problema vero è se il Covid 19 non desse tregua e la
Federcalcio fosse costretta a annullare la stagione. Il danno sarebbe stimabile tra i 600 e i 700 milioni. Una cifra che mette in agitazione i presidenti. L’alleanza Sky-dazn versa nelle casse di via Rosellini 973 milioni (780 dall’emittente di Murdoch) a cui vanno sommati i 371 milioni di diritti esteri e i 35 pagati dalla Rai per la Coppa Italia. Il totale fa 1,37 miliardi. Il mancato introito per l’ultimo terzo di stagione sarebbe attorno ai 425 milioni. Ma tra società e tv nascerebbe una battaglia legale dall’esito non scontato, data l’eccezionalità del momento, con la sospensione sancita da un decreto. E date anche possibili clausole sulla natura aleatoria del contratto: in questo caso rescissione e risoluzione non sono previste. Di sicuro andrebbero considerati fino a 90 milioni di mancati incassi tra biglietti e abbonamenti da restituire e una cifra intorno ai 150 milioni di ricavi commerciali svaniti. Se il virus l’avesse vinta, più di metà delle società di A rischierebbero di non iscriversi al campionato.
Il presidente Gravina ha inviato una lettera alle Leghe, chiedendole di quantificare i danni attuali e sta preparando un’ampia relazione da presentare al ministro dello Sport, Spadafora, in cui chiederà il differimento dei contributi fiscali e provvedimenti che possano rimettere in piedi il sistema, tenendo conto che ora il danno più grande è per le tv.
Anche se questo tormentato campionato dovesse arrivare all’epilogo, i danni sarebbero evidenti. Si parla del 20%, perché di sicuro la crisi inciderà sulla ripartenza. E dopo anche sul mercato. Il rischio è che l’italia, che aveva accorciato il gap dalle altre Leghe con il record di spesa (1390 milioni), sia costretta a una frenata. Meno soldi da investire e un ribasso degli investimenti stimabile al momento nel 10%. Un esempio? Se per un talento come Tonali, il Brescia di Cellino sperava di ricavare 60 milioni dalla Juve e ha rifiutato l’offerta di 50 dalla Fiorentina, ora forse dovrà accontentarsi di 40.
Il discorso vale per tanti talenti in vetrina: da Donnarumma, che il Milan potrebbe sacrificare per aggiustare i conti, a Bernardeschi, superfluo alla Juventus, sino a Chiesa che insieme a papà Enrico sta trattando il prolungamento sino al 2024 con Commisso via Skype ma potrebbe lo stesso finire sul mercato se dovesse chiedere la cessione. L’estate scorsa valeva 70 milioni. Adesso, in tempo di crisi, il prezzo potrebbe calare. Ammesso e non concesso che la Fiorentina, come altre società sono pronte a fare, non inserisca una clausola anti svalutazione. Per sopravvivere è il momento di aguzzare l’ingegno.