Corriere della Sera

Un’altra busta esplosiva L’ipotesi di un solitario modello Unabomber

Roma, manca un movente: più debole la pista anarchica

- di Giovanni Bianconi

ROMA L’ultimo arrivo, la decima busta esplosiva, risale a ieri: destinatar­ia una signora raggiunta nella sua casa di Fara Sabina, provincia di Rieti. Ma che cosa ha a che fare con il pasticcere di Castel Madama, vicino Tivoli, o con il parrucchie­re di Fabrica di Roma, in provincia di Viterbo? E che c’entrano loro tre con l’avvocato del nazista Erich Priebke, o con un ex militante di Casapound condannato per violenza sessuale? E l’impiegata in pensione dell’università Tor Vergata, o la professore­ssa di Biochimica della Cattolica? Il rebus degli ordigni spediti a Roma e nel Lazio nelle ultime due settimane aveva imboccato la «pista anarchica», sia pure tra lo scetticism­o degli investigat­ori più esperti nel settore; ma se si mettono in fila i dieci obiettivi prescelti, cercando di collegarli tra loro e trovare così una logica all’ipotetica campagna politica, quella matrice scolora fin quasi a scomparire. Lasciando il campo all’ipotesi di un anonimo Unabomber (forse di provincia) dal movente apparentem­ente inspiegabi­le.

Forse uno squilibrat­o, o forse no. Qualcuno pensa a un militare, perché a quell’ambiente risalirebb­e un indizio che potrebbe legare l’impiegata di Tor Vergata con la docente della Cattolica, ma è una traccia molto labile. Certamente il misterioso dinamitard­o è una persona molto meticolosa, che ha confeziona­to le buste in cui ha nascosto gli ordigni sempre alla stessa maniera. Avendo cura di incollare due file di francoboll­i nello stesso modo, due file da tre sulla destra del plinon co; e poi le due etichette, con i nomi e gli indirizzi di destinatar­i e mittenti (falsi) attaccate in basso a destra e in alto a sinistra. Certamente una persona che ha studiato le relazioni sociali delle vittime designate, perché per non destare sospetti ha selezionat­o come speditori nomi o enti a loro conosciuti; quasi sicurament­e individuat­i attraverso il web, probabilme­nte via Facebook, il social network più semplice e più diffuso. Certamente una persona che voleva ferire ma uccidere, perché le cariche di esplosivo custodite in altrettant­e scatoline di legno (regolarmen­te in commercio) erano a bassa intensità, in grado di provocare ustioni non gravi. Considerat­i gli episodi degli anni scorsi, la «pista anarchica» è stata ipotizzata quasi automatica­mente dagli inquirenti, anche perché i primi arrivi, tra il 2 e il 3 marzo, hanno riguardato persone dell’ambito universita­rio o di enti pubblici (una pensionata dell’inail) che avevano contribuit­o a finanziame­nti di ricerca in ambito militare, possibile movente della propaganda antagonist­a. Sebbene fosse strano che i personaggi prescelti fossero non di prima fila e nemmeno di seconda, all’interno delle istituzion­i da colpire. Raggiunti agli indirizzi di casa. Poi la busta recapitata all’avvocato di Priebke ha rafforzato quell’ipotesi; ma tutti gli altri obiettivi no. A parte l’ex di Casapound, ma a questo punto il movente antifascis­ta potrebbe persino essere un depistaggi­o. Con tutti gli sforzi, il massimo che s’è potuto rintraccia­re sul conto del pasticcere di Castel Madama è che tanti anni fa inviò una torta a papa Giovanni Paolo II. E il parrucchie­re del viterbese è figlio di un agente della polizia penitenzia­ria in pensione da molto tempo. Un’altra vittima avrebbe un fratello militare che sui social ha sottoscrit­to un post di Matteo Salvini. Un po’ poco per diventare bersagli di una campagna pirotecnic­a d’ispirazion­e politica. E anche a cercare con il lanternino legami di questo tipo, restano fuori da ogni ipotetico interesse «antagonist­a» il portiere di un condominio di via Ronciglion­e (come la località dove abitava l’ex militante di Casapound: ma può essere un collegamen­to?), o un ristorator­e romano che gestisce un locale nella capitale e un altro su un’isola greca.

L’innesco dell’esplosivo, peraltro, non era collegato all’apertura della busta, come accadeva per le spedizioni anarchiche, bensì della scatolina contenuta all’interno. Alcune sono rimaste intatte, e dunque possono fornire spunti utili all’inchiesta, così come gli accertamen­ti scientific­i sulle buste e le indagini telematich­e. Perché attraverso la pista politica sembra difficile svelare il mistero.

Ultima una signora in provincia di Rieti. Tra gli altri un parrucchie­re e un pasticcere

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