VINCERÀ LA SPECIE PIÙ INTELLIGENTE (NON IL VIRUS)
«Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento». Charles Darwin, com’è noto, non l’ha mai detto. Anche perché se dovessimo prendere l’apocrifo alla lettera dovremmo convenire che non si parla tanto degli uomini quanto dei virus. Comparsi sulla Terra molto prima di noi, la loro caratteristica principale è proprio la velocità di adattamento. Non secoli, ma giorni. Come si legge nel libro del 2012, «Spillover», esistono altri cinque agenti patogeni come i prioni della Mucca Pazza, ma nessuno è pericoloso quanto i virus, per due motivi: virulenza nella diffusione e mutazioni. Un particolare che spiega come possano essere passati da un pipistrello a una civetta (è una delle ipotesi) facendo poi il salto di specie. L’autore del libro David Quammen (in Italia è edito da Adelphi) aveva previsto tutto studiando la più nota Sars e la sconosciuta Hendra di Brisbane. Ma ha previsto anche altro: non ci liberemo facilmente di queste influenze se non trovando il vaccino e adattandolo poi alle mutazioni dell’agente patogeno. I virus che provengono dal mondo animale hanno un difetto: possono tornarci. Per questo abbiamo sconfitto la poliomielite o il variola virus, il vaiolo, di cui i nati prima degli anni Ottanta portano ancora il «tatuaggio» sulla spalla: una volta eradicati dall’homo sapiens non possono più nascondersi. «I virus — ha scritto il virologo Stephen Morse — non camminano, non corrono, non nuotano. Cavalcano». Cosa cavalchino è facile da capire: noi. E con il mondo diventato piatto, grazie a internet e ai voli aerei, lo possono fare in poche ore. Abbiamo solo tre armi: il buon senso di questi giorni, la scienza dei vaccini e la tecnologia del supercalcolo che può accelerarne i tempi. Solo così potremo dimostrare ai virus che è la specie più intelligente quella che sopravvive. Non quella che si adatta meglio.