Botta e risposta (immaginario) sull’italia al bivio
Botta e risposta, dialogo immaginario sull’italia al bivio Dalle assenze dell’europa al «modello» cinese, dal futuro della globalizzazione alla ricetta sovranista
Un pessimista telefona a un ottimista. « Ciao, come te la passi?» « A casa, come tutti. Però sfrutto il tempo libero. Per esempio, sto trovando in Rete un sacco di offerte vantaggiosissime per le vacanze di Pasqua».
Vacanze? Ma sei matto? Tu pensi davvero di poter viaggiare ad aprile? - Perché no? Gli esperti dicono che tra due settimane cominceremo a vedere gli effetti del blocco, il picco sarà superato. - Però il professor Ricciardi sostiene che prima dell’estate non ne usciremo, e non è il solo. E poi, mi dici in quale Paese del mondo accetteranno i turisti italiani tra quattro settimane? - Io intanto cerco i biglietti. Prima o poi finirà. Il mondo ormai è globalizzato in modo irreversibile, tornerà a esserlo anche più di prima. Anzi, se una cosa abbiamo capito con questo virus è che è inutile chiudere le frontiere perché tanto lui passa.
- Dici? Quello che io vedo sono invece frontiere chiuse dappertutto. E non solo tra gli Stati, ma anche all’interno dello stesso Paese. È l’unica politica che possano seguire i governi, alzare barriere, dividere la gente. Insomma, Trump ha chiuso l’america ai voli dall’europa. Questa crisi è il trionfo del sovranidono smo, altro che globalizzazione.
- Ma ci si accorgerà presto che è un errore. Proprio il fatto che la sfida è globale, che colpisce tutti, dimostra che ci vuole più cooperazione tra gli Stati. E la crisi economica richiederà per forza una sorta di governo mondiale, politiche concordate, una reazione comune.
- Non c’è alcuna traccia finora di un coordinamento internazionale, a nessun livello. Non c’è nessuna traccia di una leadership comune. Non è come avvenne con la crisi finanziaria del 2008. Ognuno va per i fatti suoi. Per non parlare dell’europa...
- Beh, sull’europa devo darti ragione. L’altra sera guardavo in tv Liverpool-atletico, sembrava di stare in un altro mondo: come se ogni Paese pensasse di potersela cavare a modo suo, non c’è accordo nemmeno sulle misure di distanziamento sociale, l’austria blocca il Brennero, quattro Paesi sospendono Schengen, e la Lagarde dice che lo spread italiano non è affare della Bce. La presidente della Commissione assicura che «siamo tutti italiani». Ma il problema è che non siamo ancora tutti europei!
- Questa vicenda rischia di lasciare una cicatrice molto profonda sul volto dell’unione europea. Nelle grandi emergenze globali, proprio quando se ne avrebbe davvero bisogno, non c’è mai: non sul terrorismo islamico, non sulla crisi dei migranti, e ora neanche sul coronavirus.
- E meno male che tu sei un europeista convinto. Io invece spero nella Cina. Hai visto come ha fronteggiato l’emergenza? Poche chiacchiere e pugno di ferro, più un uso spregiudicato della tecnologia, dal riconoscimento facciale ai droni. La verità è che per difendere la collettività in casi come questi devi fregartene dei diritti individuali. Putin l’aveva profetizzato: la democrazia si sta rivelando obsoleta.
- Ma finiscila. Sento dire ovunque «fare come in Cina». Ma il virus è scappato all’inizio proprio perché la Cina è un sistema burocratico e autoritario, senza libertà di stampa, e qualcuno ha pensato di poterlo nascondere. Non dimenticare che è da lì che è arrivato il contagio in Italia.
- E dalla Cina stanno anche arrivando gli aiuti, però. Mascherine e macchinari. Non da Parigi o Berlino, ma da Pechino. Sai che cosa vuol dire questo?
- Che siamo messi male. Però il governo italiano ha reagito. In fin dei conti siamo stati i primi a dover fronteggiare l’epidemia e stiamo segnando la strada da seguire anche per gli altri.
- Mah. Troppo poco e troppo tardi. Hanno fatto un decreto al giorno, e sempre il giorno dopo, con contraddizioni e confusioni notevoli. Non sappiamo ancora se ci è permessa una passeggiata, e di quanti metri.
- Non sarei così negativo. Si trattava di affrontare qualcosa di mai visto prima. Qualche incertezza ci sta, soprattutto per un governo di non «professionisti». Io invece ho trovato in persone come Speranza sobrietà e senso dello Stato. È ministro per la prima volta, e già sembra un veterano.
- E di Conte, che mi dici? Ti piace anche lui? Le sue conferenze stampa notturne in cui si dimentica di dire che gli alimentari non chiue la gente si precipita a fare le file ai supermarket?
- Errori di comunicazione ce ne sono stati, non dico di no. Soprattutto la fuga di notizie che ha prodotto la fuga verso il Sud. Ma senti, quest’uomo, che si è trovato quasi per caso a guidare l’italia nella sua ora peggiore dal dopoguerra, si sta prendendo responsabilità, rischi. Certo, se fallisce ne uscirà marchiato per sempre. Ma finora la gente gli riconosce impegno e sangue freddo. E soprattutto apprezza il fatto che al timone ci sia un non politico. Pensa che sarebbe successo se a Palazzo Chigi ci fosse stato il capo di una fazione invisa all’altra metà del Paese.
- Ora però deve fare deficit, e tanto. Guarda che per ricostruire l’italia dopo questa scoppola ci vorranno decine e decine di miliardi, mica possiamo andare avanti a colpi di zero virgola. E se la Bce non ci sostiene fino in fondo rischiamo anche una patrimoniale. Io la vedo nera, il Paese ne uscirà in ginocchio.
- C’è anche chi dice che dopo una grave crisi c’è sempre una forte ripresa. Che dopo la selezione arriva un’opportunità per chi è rapido e innovativo.
- E l’italia ti sembra rapida e innovativa?
- La sua gente sì, i suoi imprenditori certamente. Insomma, noi siamo quelli del miracolo economico dopo la guerra. Perché non ne potremmo fare un altro? E poi questa situazione ci sta spingendo a cambiare, per esempio ad accelerare l’uso delle tecnologie nel telelavoro e nell’elearning.
- Voglio vedere alla fine quante scuole, quanti studenti, avranno avuto davvero accesso all’insegnamento a distanza. Secondo me verrà invece fuori un enorme problema di «digital divide», con un parte del Paese che sarà rimasta indietro, penalizzata da una nuova forma di disuguaglianza.
- Ma proprio per questo quando tutto sarà finito ci vorrà un governo forte, autorevole. Io dico che si farà un governo di salute pubblica, un governo dei migliori. Sarà dura, ma bisogna avere fiducia. Ricordi quello che disse Roosevelt davanti alla Grande depressione? «Non dobbiamo aver paura che della nostra paura».
- E basta con questo Roosevelt! Voi di sinistra avete una visione troppo ottimistica del genere umano. Invece la gente reale ha paura eccome, e chiede sicurezza, non si fida più delle vostre promesse di sorti magnifiche e progressive.
- Inutile litigare su quello che può accadere, in realtà nessuno di noi può prevederlo. Non ne sappiamo abbastanza. Magari da qualche parte in questo momento c’è un italiano che sta scrivendo un nuovo Decamerone, come Boccaccio durante la peste del ‘300. Da quella devastazione venne fuori l’umanesimo e poi il Rinascimento. Non dimenticare che siamo italiani.
- Qualcosa di buono la vedo anch’io. La gente chiusa in casa riscopre la famiglia, i doveri, la solidarietà, canta in coro dalle finestre. Magari smetterà di credere nei falsi idoli della modernità, nell’onnipotenza dell’uomo. Potrebbe perfino esserci un risveglio religioso. Però intanto abbiamo chiuso le chiese e tenuta aperta la Borsa, si vede che adoriamo di più il dio denaro.
- Vedrai che per Pasqua andremo a messa. Non abbiamo alternative alla speranza. Non possiamo fare altro che rispondere ai nostri figli come fa il padre ne La strada: «Ce la caveremo, vero, papà? - Sì, ce la caveremo. - E non ci succederà niente di male. - Esatto. - Perché noi portiamo il fuoco. - Sì, perché noi portiamo il fuoco».
Bisogna avere fiducia Ricordi quello che disse Roosevelt? “Non dobbiamo aver paura che della nostra paura”
E basta con Roosevelt! La gente chiede sicurezza, non si fida più delle promesse di sorti magnifiche e progressive