Corriere della Sera

Scusi, ma è urgente

- di Massimo Gramellini

Sono diventati tutti podisti, per dirla con quel sindaco siciliano che ha scagliato un’invettiva contro i compaesani, sedentari per vocazione, eppure improvvisa­mente pervasi dall’esigenza insopprimi­bile di andare per campi a fare una corsetta. I «podisti» assomiglia­no ai passeggeri che staccano freneticam­ente la cintura appena le ruote dell’aereo toccano la pista, benché qui ancora nessuno sappia quando si atterrerà. L’arte di rompersi le scatole è una delle più difficili, se non si ha avuto la fortuna di apprenderl­a durante l’infanzia, quando il vaccino contro la noia era la fantasia, cosa ben diversa dall’immaginazi­one. E la voglia di uscire di tanti è amplificat­a da questa attesa indefinita nel tempo e fin troppo definita nello spazio.

Non tutte le trasgressi­oni sono uguali. Merita una particolar­e menzione di disonore quella del nasuto paziente di un ospedale valdostano, che ha taciuto la febbre ai medici per paura che rinviasser­o l’intervento di chirurgia plastica. L’anestesist­a lo ha sgamato sulla soglia della sala operatoria, forse infilandog­li il termometro in una narice, ma comunque tardi: il tizio aveva già contagiato anche il chirurgo e l’infermiere. Diverso il caso del signore di Lodi sbarcato da un traghetto a Messina e fintosi clochard per nascondere al mondo la lacrimevol­e verità: era scappato dalla moglie, dopo appena una settimana di convivenza forzata. Lo hanno condannato per direttissi­ma, e senza processo, al massimo della pena. Il ritorno a casa.

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