Scusi, ma è urgente
Sono diventati tutti podisti, per dirla con quel sindaco siciliano che ha scagliato un’invettiva contro i compaesani, sedentari per vocazione, eppure improvvisamente pervasi dall’esigenza insopprimibile di andare per campi a fare una corsetta. I «podisti» assomigliano ai passeggeri che staccano freneticamente la cintura appena le ruote dell’aereo toccano la pista, benché qui ancora nessuno sappia quando si atterrerà. L’arte di rompersi le scatole è una delle più difficili, se non si ha avuto la fortuna di apprenderla durante l’infanzia, quando il vaccino contro la noia era la fantasia, cosa ben diversa dall’immaginazione. E la voglia di uscire di tanti è amplificata da questa attesa indefinita nel tempo e fin troppo definita nello spazio.
Non tutte le trasgressioni sono uguali. Merita una particolare menzione di disonore quella del nasuto paziente di un ospedale valdostano, che ha taciuto la febbre ai medici per paura che rinviassero l’intervento di chirurgia plastica. L’anestesista lo ha sgamato sulla soglia della sala operatoria, forse infilandogli il termometro in una narice, ma comunque tardi: il tizio aveva già contagiato anche il chirurgo e l’infermiere. Diverso il caso del signore di Lodi sbarcato da un traghetto a Messina e fintosi clochard per nascondere al mondo la lacrimevole verità: era scappato dalla moglie, dopo appena una settimana di convivenza forzata. Lo hanno condannato per direttissima, e senza processo, al massimo della pena. Il ritorno a casa.