Mattarella: l’italia saprà restare unita, il Parlamento non può chiudere
L’attività del Colle nella gestione della crisi, nella rete di relazioni e nella moral suasion Stop alle riunioni per tutelare la salute del presidente
L’emergenza da coronavirus ha colpito anche un caposaldo della pedagogia patriottica cara a Ciampi e rilanciata da Napolitano e Mattarella. A farne le spese la «Giornata dell’unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera», istituita nel 2012 e ieri congelata in coerenza con la sospensione delle cerimonie pubbliche. Per fortuna — hanno pensato al Quirinale — grazie ai flashmob, il tricolore sventola su tantissime finestre della penisola, dalle quali risuonano anche le parole scritte da Goffredo Mameli per il «Canto degli italiani». Già, perché pure stavolta la comunità nazionale ha saputo ritrovarsi unita. E non in obbedienza al calendario delle feste repubblicane, ma spontaneamente, con la voglia di rincuorarsi e darsi coraggio. Proprio come il capo dello Stato sollecita.
È un suo dovere d’ufficio, farlo. Come quello di pretendere rispetto, oltre che «solidarietà», dai nostri partner europei. Lo si è visto con il suo secco intervento di giovedì scorso, dopo la gaffe con cui Christine Lagarde dall’eurotower della Bce aveva terremotato la Borsa e lo spread. Concetti che il presidente Mattarella sta ripetendo nelle ultime ore a diversi capi di Stato che gli hanno telefonato per chiedere notizie ed esprimere amicizia e vicinanza. Dal re di Spagna Felipe VI al presidente tedesco Steinmeier, dal francese Macron al polacco Duda fino al portoghese Rebelo de Sousa.
Insomma: chi si chiedesse come vanno le cose al Quirinale ai tempi del Covid-19, deve sapere che vanno «quasi» come prima. Dove quel quasi sottintende che è garantita la funzionalità dei servizi essenziali (gli uffici giuridici sono presidiatissimi per monitorare l’intensa attività di decretazione del governo), ma a ranghi ridotti, come imposto dalla crisi sanitaria. Così, le riunioni quotidiane sono sostituite da incontri più rarefatti e brevi, tenendo le distanze di sicurezza, per l’indispensabile scambio d’informazioni che il padrone di casa peraltro arricchisce provvedendo spesso da solo. Lo dimostrano i continui contatti con Attilio Fontana e Luca Zaia, governatori di due Regioni in trincea come Lombardia e Veneto. E contatti intensi Mattarella mantiene anche con Palazzo Chigi, per conoscere passo passo le iniziative del governo, oltre che con i vertici di Palazzo Madama e Montecitorio, per valutare le ricadute politiche dell’emergenza.
E qui vale la pena di registrare che, mentre qualcuno teorizza l’opportunità di «chiudere» il Parlamento e ricorrere all’informatica sia per il dibattito sia per eventuali voti a distanza (ne hanno parlato i costituzionalisti Stefano Ceccanti e Francesco Clementi), è chiaro che il capo dello Stato non può essere favorevole a ipotesi del genere. Trovandosi d’accordo, a quanto pare, con Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico. Ciò che confermerebbe anche su questo fronte la coesione di quella che nella Prima Repubblica si definiva Trimurti istituzionale.
Ma queste sono piccole cose senza importanza, se paragonate alla sfida del coronavirus. Mattarella ne coglie le drammatiche ricadute attraverso le lettere che gli indirizzano gli italiani ed è molto colpito dai tanti esempi di dedizione e sacrificio che legge sulle cronache dei giornali. Non commenta nulla, ma mostra di prendervi parte, mentre il Palazzo ha attivato la massima protezione a sua tutela. Una scelta che per la verità scatta per qualsiasi tipo di minaccia. Anche la più improbabile. Come quando mesi fa, preoccupato per l’aggressività dei gabbiani che sorvolano il terrazzo del suo studio, un funzionario pensò d’incaricare un falconiere per disperderli con i suoi rapaci.