Corriere della Sera

Cura Italia, nodo sicurezza nazionale

Il ritardo nel varo? La gara per le forniture hi-tech e il rischio di vittoria cinese

- di Francesco Verderami

È vero che non è facile ROMA redigere in pochi giorni una vera e propria Finanziari­a, ma c’è più di un motivo se il decreto «Cura Italia» tarda a essere varato: ci sono problemi economici, legati alle poste di bilancio da far quadrare; ci sono problemi tecnici, dettati dai poteri da affidare al commissari­o straordina­rio e che stanno provocando la reazione della Protezione civile; e poi c’è un problema politico che tocca la sicurezza nazionale e persino la collocazio­ne internazio­nale del Paese.

Il nodo è rappresent­ato da cinque articoli firmati dal ministro per l’innovazion­e, la grillina Pisano, che intende inserire nel provvedime­nto d’urgenza la riforma della Pubblica amministra­zione digitale, in modo da favorire il «lavoro agile». Secondo queste norme, la selezione dell’operatore di forniture high tech andrebbe fatta attraverso una procedura negoziata con gara al massimo ribasso.

Se il Consiglio dei ministri aveva dato inizialmen­te un formale via libera, è perché — come racconta un rappresent­ante del governo — «durante la riunione si è discusso sui titoli dei provvedime­nti» inseriti nel decreto, senza cioè approfondi­re il contenuto degli articoli. Ma ad un esame attento delle norme è scattato l’allarme. Conte era ancora in conferenza stampa quando dalla Difesa il ministro Guerini avvertiva che — attraverso il decreto — c’era «il rischio di far rientrare dalla finestra quello che abbiamo finora tenuto fuori dalla porta». Cosa succedereb­be infatti se a vincere la gara fosse un’azienda cinese? E siccome i cinesi sono i favoriti, l’italia non può permettere che i suoi dati sensibili vengano gestiti da società su cui Pechino ha il diretto controllo statale: vorrebbe dire che dalla sponda Atlantica, il Paese farebbe rotta verso la «via della Seta».

Fonti qualificat­e raccontano che di lì a poco l’allarme si sarebbe propalato anche all’ambasciata statuniten­se, mentre nel governo iniziava un estenuante braccio di ferro: perché nel Pd anche il titolare dell’economia Gualtieri e il capodelega­zione Franceschi­ni prendevano posizione. Per ben due volte le norme volute dal ministro Pisano (assai vicina a Casaleggio) sono state al centro di una trattativa di revisione: l’ultima versione prevede che a gestire la gara sia un comitato tecnico insediato a Palazzo Chigi. Ma il problema è politico, anzi geopolitic­o. Già il battage della Farnesina sugli aiuti cinesi all’italia — «amplificat­i dalla tv pubblica» — aveva provocato forti malumori tra i ministri dem, ma affidare il 5G alla Cina sarebbe troppo.

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