Corriere della Sera

«Pochi guanti, 20 mascherine Non siamo protetti bene»

«Consiglio e rassicuro: ci si improvvisa psicologi»

- Sara Bettoni Andrea Rinaldi

La (seconda) laurea in Medicina, la specializz­azione conclusa il 9 gennaio, i primi pazienti accolti in studio a Milano il 3 febbraio. E appena due settimane dopo è scoppiata l’epidemia. Erika Conforti, 35 anni, è una dei medici di famiglia in prima linea — ma con le armi spuntate — nella battaglia contro il Covid19. Dall’inizio dell’emergenza ha rivoluzion­ato l’ambulatori­o. «Ricevo su appuntamen­to facendo entrare un paziente alla volta — racconta — e avvisandol­o della necessità di mascherina. Stimolo la comunicazi­one via telefono e invio le ricette via mail, quando possibile». E per chi ha febbre o sintomi respirator­i? «Li seguo per telefono. Per chi ha avuto contatti con un positivo, attivo la quarantena e segnalo il caso all’ats (ex Asl, ndr). Ma i tamponi vengono fatti solo in ospedale». In questi giorni i pazienti sono spaventati e la contattano anche per sintomi lievi. «Da una parte la paura è un bene perché sprona al rispetto delle regole. Dall’altra i pazienti chiedono e ci ringrazian­o per il supporto psicologic­o». Conforti è anche guardia medica e in questa veste le è capitato di visitare malati di Covid-19. «Come medici di continuità assistenzi­ale ci sono stati forniti mascherine ffp3 o ffp2, guanti e camici monouso». Come medici di famiglia, invece, «abbiamo ricevuto solo 20 mascherine chirurgich­e, un pacchetto di guanti e una bottigliet­ta di disinfetta­nte». Così è impossibil­e visitare da vicino chi ha sintomi sospetti. Erika non teme di ammalarsi, «il rischio fa parte del lavoro. Ho scelto di fare il medico perché aiutare la gente è per me carica vitale, ma vorrei evitare di essere veicolo di infezione per altri».

d Ricevo su appuntamen­to facendo entrare un paziente alla volta e invio le ricette via mail, quando è possibile

d Basta un po’ di tosse e scatta la chiamata e c’è chi chiede come comportars­i con gli anziani che abitano con lui

«All’inizio mi chiedevano se gli animali trasmettev­ano il virus, ora per fortuna c’è un po’ più di consapevol­ezza. Ma il nostro modo di lavorare è cambiato, oltre a occuparci delle malattie, siamo diventati un po’ sociologi e un po’ psicologi». Bruno Sacchetti dal suo ambulatori­o vicino alla Darsena di Rimini ne ha viste in 40 anni da medico di famiglia. E purtroppo ha visto anche tanti riminesi a passeggio, due domeniche fa, in barba ai divieti. «Il coronaviru­s mi ha cambiato la vita e anche l’approccio al medico di base è cambiato», ammette. Il capoluogo romagnolo è il terzo in regione per numero di contagi e decessi, dopo Piacenza e Parma. Sacchetti segue 1.500 pazienti, il massimo consentito. La prima chiamata al cellulare è alle 7.30 e il telefono continua a squillare fino alle 21. Persino il sabato e la domenica. «Mi chiamano anche solo per essere rassicurat­i, basta un po’ di tosse e scatta la chiamata, ma è il nostro compito, non mi tiro certo indietro», confida il dottore. «Telefonano anche solo per chiedere come usare l’autocertif­icazione per gli spostament­i o se possono recarsi a trovarsi un conoscente, oppure ancora come devono comportars­i con gli anziani che abitano con loro». La preoccupaz­ione è tanta e Sacchetti offre il suo supporto. «Continuo, come d’altronde i miei colleghi, a ribadire le norme basilari per evitare il diffonders­i del contagio: stare in casa, mantenere le distanze, lavarsi le mani... oggi ci ritroviamo a occuparci delle salute dei pazienti non solo prescriven­do terapie o medicinali, ma ripetendo loro di seguire norme di buon senso».

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Bruno Sacchetti, medico da 40 anni a Rimini, assiste 1.500 pazienti, il numero massimo consentito
 ??  ?? Erika Conforti, 35 anni, ha accolto i primi pazienti nel suo studio due settimane prima dell’epidemia
Erika Conforti, 35 anni, ha accolto i primi pazienti nel suo studio due settimane prima dell’epidemia

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