«Ora misure alternative Solo così si proteggono gli agenti e i prigionieri»
Colombo: consentire mail e videochiamate
Gherardo Colombo conosce bene il carcere. Come volontario tiene corsi di legalità per i detenuti ed stato a lungo giudice e pubblico ministero.
Proteste, rivolte, contagi. C’è tensione «dentro»?
«Per la paura, i disagi e le restrizioni causate dal coronavirus. Ora è ancora più evidente del solito il contrasto tra la vita da reclusi e l’articolo 27 della Costituzione, secondo cui, cito, le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Le carceri, nonostante le restrizioni che i detenuti subiscono, non sono isolate dal mondo. Ad esempio, entrano agenti della polizia penitenziaria e operatori, come tutti esposti al contagio. Leggo addirittura che una recente circolare del Dap dice che gli agenti devono restare in servizio anche se hanno avuto contatti con persone contagiose
● È presidente di Cassa Ammende, ente che finanzia programmi di reinserimento dei detenuti perché sono operatori pubblici essenziali».
Ci sono i primi contagi.
«Potrebbero espandersi rapidamente, visti gli spazi ristrettissimi nei quali sono spesso stipati i detenuti, facendo aumentare la tensione. Occorre impegnarsi molto anche nella protezione degli agenti e di tutti coloro che lavorano in carcere».
Una pentola a pressione che rischia di esplodere?
«È già esplosa nelle proteste dei giorni scorsi con 13 morti, sui quali avere notizie precise non sarebbe disdicevole, e potrebbe deflagrare ulteriormente. I benefici sono sospesi e l’affollamento aumenta. Sono sospese le attività dei volontari che, oltre ad avere effetti positivi in tema di rieducazione, contribuiscono ad allentare la tensione».
I detenuti hanno chiesto amnistia o indulto. Difficili in questo contesto politico.
«Credo che in primo luogo bisognerebbe rendere perlomeno sopportabile la situazione attraverso altri canali. I provvedimenti di clemenza li vedo lontani anni luce».
In che modo?
«Ci sono 61 mila detenuti per 51 mila posti, ai quali vanno tolti quelli danneggiati o in ristrutturazione. In una situazione come questa occorrerebbe andar sotto la capienza regolamentare per garantire le stesse distanze di chi sta fuori. Per ridurre il sovraffollamento bisogna applicare di più e con norme più agevoli le misure alternative, escludendole quando sia provata la pericolosità del richiedente. Solo un terzo dei detenuti è considerato pericoloso. Affidamento in prova ai servizi sociali e detenzione domiciliare dovrebbero essere estesi, come chiedono in molti, anche a chi ha problemi sanitari e che, se esposto al coronavirus