Corriere della Sera

NOI ABBRACCIAT­I AL TRICOLORE

- Di Paolo Di Stefano (Lapresse) (Ansa) (Ansa) (Ansa) (Imagoecono­mica)

S arebbe confortant­e non dover aspettare la catastrofe per ritrovarci uniti sotto la stessa bandiera. Ma bisogna accontenta­rsi.

Nei momenti drammatici (più ancora che nei momenti del trionfo sportivo), eccoci qua tutti a sventolare il tricolore dai balconi e dalle finestre, a cantare l’inno di Mameli, probabilme­nte perché, come dice il proverbio (italiano), l’unione fa la forza, e Dio solo sa di quanta forza e pazienza ed equilibrio e fiducia abbiamo bisogno in questi giorni. Non essendo più d’attualità l’uomo forte, di cui sentivamo la nostalgia fino a ieri, eccoci uniti in quel noi collettivo che ignoriamo nella normalità.

Lo sa bene il presidente della Repubblica, che ieri, celebrando il 159° dell’unità d’italia, ha richiamato il Paese all’urgenza del sentirsi insieme parlando di una necessità stringente e invitando a una unità sostanzial­e. Celebrazio­ne spogliata di cerimonie, ma scolpita in quei due aggettivi così severi, «stringente» e «sostanzial­e», che cancellano ogni intonazion­e ordinaria e ogni sia pur lontana venatura retorica dal suo appello.

Fatto sta che nelle occasioni tragiche in cui sentiamo di colpo il bisogno di stringerci a coorte, affiora un sospetto ben fotografat­o in uno dei pensieri più efficaci sul cosiddetto carattere degli italiani, firmato da Piero Gobetti: «Senza conservato­ri e senza rivoluzion­ari, l’italia è diventata la patria naturale del costume demagogico». Bisognereb­be proprio, impugnando le bandiere e cantando «Fratelli d’italia» ma anche «Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro» nei giorni in cui il cielo italiano è davvero quasi beffardame­nte azzurro, liberarsi della demagogia che ci fa lacrimare di commozione nel ritrovarci solidali e vicini quando scatta l’emergenza nazionale: il terremoto, il crollo della diga, il coronaviru­s.

Come se ogni volta, nei casi eccezional­i, dovessimo ricordare al mondo quanto è vero quel detto leggerment­e umiliante che definisce gli italiani «brava gente».

Siamo brava gente? Bene, ma siamo soprattutt­o gente seria. Qualcuno se n’è accorto in queste settimane, e ci ha presi a modello. Giusto esserne orgogliosi e se le bandiere servono a risvegliar­e quel minimo di fierezza (non tracotanza) che serve alle grandi imprese comuni, ben vengano. Se poi qualcuno ci ama (come a Sarajevo, il cui municipio si è acceso di tricolore), meglio. Se ci deride prima di copiarci (come la Francia), pazienza.

L’importante è non dover mai dire, parafrasan­do D’azeglio, che disfatta l’italia si fanno gli italiani. Cioè che gli italiani ci sono solo nella catastrofe.

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La Madonnina simbolo di Milano con la bandiera
Sul Duomo La Madonnina simbolo di Milano con la bandiera
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Accanto alla bandiera in corso San Maurizio a Torino
Gagliardet­ti Accanto alla bandiera in corso San Maurizio a Torino
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Chi non aveva la bandiera ha dato sfogo alla creatività
Fai da te Chi non aveva la bandiera ha dato sfogo alla creatività
 ??  ?? La torre I colori della bandiera italiana hanno illuminato il grattaciel­o Unicredit a Milano
La torre I colori della bandiera italiana hanno illuminato il grattaciel­o Unicredit a Milano
 ??  ?? Roma Uno dei tanti che hanno risposto all’invito a esporre tricolori
Roma Uno dei tanti che hanno risposto all’invito a esporre tricolori

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