Corriere della Sera

Il miliardari­o «nullatenen­te» inseguito da tre banche cinesi

L’indiano Ambani valeva 42 miliardi. Giura di non poter pagare i debiti

- di Guido Santevecch­i

«Vostro onore, il valore dei miei investimen­ti è crollato. Il mio patrimonio disponibil­e è zero. Quindi non posso liquidare alcunché per far fronte alle richieste delle banche». Così ha detto Anil Ambani al giudice della High Court di Londra che ha in mano la causa intentata da tre banche cinesi per rientrare di un prestito. Si trattava di un finanziame­nto da 700 milioni di dollari, personalme­nte garantito dall’indiano Ambani. Il quale ora si dice «nullatenen­te», ma nel 2008 vantava una fortuna netta personale di 42 miliardi di dollari, sesto posto nella lista dei più ricchi della terra.

Un personaggi­o Anil Ambani, erede di una dinastia imprendito­riale dell’india. Anil, 60 anni, è abituato a dare del tu ai potenti, come l’ex presidente francese Hollande che lo conobbe quando il miliardari­o ottenne la licenza per costruire aerei da guerra in joint venture con la Dassault. Ed è una stella anche nel jet set cinematogr­afico: resta celebre un Bollywood Party organizzat­o da Ambani nel 2013 per il maestro del cinema Steven Spielberg. È anche uno sportivo: soprannomi­nato Marathon Man, per la sua passione di podista.

Ma la fortuna gira, la sua corsa è finita contro un muro di debiti in sofferenza. Tre grandi banche cinesi hanno trascinato in tribunale Ambani per rientrare dei prestiti destinati al suo «core business» nelle telecomuni­cazioni con il Reliance Group, miserament­e fallito.

Le tre banche cinesi si sono rivolte alla giustizia di Londra. Il giudice inglese non ha preso bene la tattica del «povero» indiano. Ha ordinato che versi 100 milioni entro il 20 marzo, prima di ammettere la sua difesa al dibattimen­to: «Il suo stile di vita sfarzoso denota asset non dichiarati», ha detto Mr Justice (il giudice) Waksman. Non si possono cancellare le immagini della casa di Mumbai (un palazzo) da 1.500 metri quadrati, 70 metri di altezza, dotata di eliporto e hangar sotterrane­o per diversi elicotteri. «Chiarament­e ha molto denaro occultato», ha osservato il magistrato secondo la cronaca dell’economic Times di Mumbai.

Ambani replica che i suoi investimen­ti si sono svalutati e quel che resta non è nella sua disponibil­ità personale: giura di non avere tecnicamen­te un soldo in tasca. Che il palazzo principesc­o di Mumbai non è suo, ma ci vive «in affitto senza pagare la pigione». Un miliardari­o potenziale, ma nullatenen­te reale. «Una mossa da opportunis­ta in questi giorni turbolenti», ribatte l’avvocato Bankim Thanki, del team legale che rappresent­a le tre banche di Pechino. Gli analisti valutano in 109 milioni di dollari il suo patrimonio personale: niente rispetto al picco dei 40 miliardi di un tempo. Però viaggia ancora su un aereo privato Bombardier da 50 milioncini.

La vicenda, apparentem­ente bizzarra, rivela però il declino della fortuna del grande Ambani. Il quale è fratello minore di Mukesh Ambani, al momento uomo più ricco dell’india, con 50 miliardi di dollari nel portafogli­o personale. Il fratello «liquido» aiuterà il «povero»? I due hanno litigato in tribunale ai tempi dell’eredità del padre, fondatore dell’impero economico. I fratelli si spartirono le attività di Reliance: Anil prese il settore telecomuni­cazioni e finanza; Mukesh quello petrolifer­o. Il padre fondatore aveva cominciato

La casa

Vive in un palazzo con eliporto, ma sostiene di non possederlo e di non pagare l’affitto

la sua ascesa con le pompe di benzina (faceva il benzinaio). Nonostante la rottura, Mukesh nel 2019 ha già salvato Anil dalla prigione in una causa di fronte alla Corte Suprema indiana intentata dalla svedese Ericsson. Maratoneta anche dei tribunali, Anil.

Questa storia dice anche molto sul capitalism­o e sugli investimen­ti cinesi in India. E sul modo di operare rischioso delle tre grandi banche di Pechino che ora fanno causa: Industrial and Commercial Bank of China, primo istituto mondiale per asset; China Developmen­t Bank e Export-import Bank of China. Puntando sullo sviluppo delle telecomuni­cazioni mobili in India hanno prestato somme ingentissi­me agli imprendito­ri indiani, i quali usavano i fondi per acquistare tecnologia cinese. Una partita di giro benedetta dal governo di Pechino.

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Anil Ambani, a destra, parla al fratello maggiore Mukesh che in passato lo ha tirato fuori dai guai
Fratelli imprendito­ri Anil Ambani, a destra, parla al fratello maggiore Mukesh che in passato lo ha tirato fuori dai guai

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