Corriere della Sera

«Noi pionieri nel ‘96, servono più risorse»

Il fondatore, Bordignon: svolta biotech, ma la scienza da sola non basta

- di Massimo Sideri

Quando il professor Claudio Bordignon guidò con il suo staff del San Raffaele il primo esperiment­o al mondo sulle cellule staminali del sangue era il ‘92. Da quella esperienza nacque, nel ‘96, Molmed, ma non solo: fu l’inizio di un nuovo approccio in tutto il mondo alle terapie geniche e cellulari che allora sembravano fantascien­za e oggi sono scienza.

Professor Bordignon oggi possiamo dire che l’atteggiame­nto nei confronti delle biotecnolo­gie è molto cambiato: la notizia che un possibile vaccino contro il Sarscov-2 potrebbe venire da una tutto sommato piccola biotech tedesca mostra che sulle nuove sfide Davide può essere più forte di Golia, cioè delle Big Pharma?

«È vero anche perché all’interno del mondo biotech c’è una grossa diversità biologica. Magari manca la massa e la forza d’urto per poter sviluppare velocement­e una terapia o, come in questo caso, un vaccino. Il biotech ti garantisce competenze diverse».

Fu dunque corretto, nonostante le difficoltà iniziali comuni ai pionieri, puntare sulle biotecnolo­gie anche in Italia nel ‘96...

«Quando nel ‘96 abbiamo fatto partire Molmed tutto è nato da una joint venture tra Boehringer Mannheim (acquistata poi da Roche) e il San Raffaele per rispondere all’esigenza di produrre un ambiente che fosse adatto a produrre terapie geniche e cellulari. In fondo era un bisogno terapeutic­o che non trovava

d Servono scelte politiche, risorse umane, tecnologie per non sprecare le opportunit­à e pentircene

riscontro, proprio come sta accadendo per il coronaviru­s. Volevamo capire in che modo quello che avevamo dimostrato nei laboratori potesse diventare un campo di eccellenza dell’europa e per il nostro Paese. Molmed è nata da un bisogno terapeutic­o che aveva modelli ma non strumenti».

Ventiquatt­ro anni dopo possiamo dire che abbiamo costruito un’industria biotech in Italia?

«Si è aperto un campo nuovo. Quello che forse è mancato è la scelta di un Paese di investire massicciam­ente. Si parla sempre di investire nella scienza e lo si fa anche in questi giorni, ma la scienza da sola non basta. Servono risorse umane, tecnologic­he, finanziari­e. Servono scelte politiche, serve l’identifica­zione di priorità del sistema Paese e dell’europa. Serve questo per realizzare ciò che la ricerca scientific­a ha messo a disposizio­ne, per non rischiare di rimpianger­e le opportunit­à sprecate».

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C. Bordignon

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