Gere, il magnate spietato
Soldi, ambizioni e famiglia in «Motherfatherson» In tv un personaggio tra «Quarto potere» e Murdoch «Un uomo con zone d’ombra, abituato a giocare sporco»
d Interpreto un protagonista a livello mondiale della politica e dei media, una specie di Citizen Kane che si è fatto da sé, con problemi non risolti e un padre brutale
Un magnate dei media che si è fatto da solo, con quella fame rapace tipica di molti self-made man, pronto a passare sopra tutto e tutti, il pelo sullo stomaco ben curato e coltivato, un po’ iena un po’ squalo, un narcisista egoriferito con i tratti del Charles Foster Kane dipinto da Orson Welles in Quarto potere, un uomo incapace di amare se non «solo alle sue condizioni». Richard Gere all’alba dei 70 anni ha deciso di dare il peggio di sé; e a quasi 30 anni dall’ultima volta torna a recitare per la tv (nel 1993 era nel cast di Guerra al virus, ora quanto mai attuale).
L’attore è il protagonista di Motherfatherson (a giugno su Sky Atlantic) dove si intrecciano potere e dinamiche familiari, soldi e sentimenti, avidità e desideri, ricerca di denaro e di felicità, ingredienti che in genere vanno in conflitto tra di loro. La trama ruota attorno alla famiglia di Max Finch (interpretato da Richard Gere) — un uomo in cui molti hanno già visto la controfigura di Rupert Murdoch — che si appresta a lasciare il suo impero al figlio, già a capo del National Reporter, il giornale del padre: il ragazzo si troverà a fare i conti con l’enorme pressione delle aspettative paterne, perché l’eredità più pesante non è quella del portafoglio ma quella dell’ego di chi lo ha messo al mondo. La mother del titolo è invece l’attrice Helen Mccrory, ereditiera britannica ed ex moglie di Max: nel corso della serie la famiglia si riavvicinerà in circostanze complicate perché lo stile di vita autodistruttivo del figlio rischia di avere conseguenze irrimediabili per l’impero di casa Finch.
Richard Gere ha raccontato a Vogue qual è lo spirito della serie; da una parte una tipica famiglia contemporanea (i genitori divorziati, le dinamiche interpersonali); dall’altra un tipico ricco di oggi, sfacciatamente e violentemente pieno di sé e di soldi: «Al centro del racconto ci sono le relazioni familiari. Il mio personaggio è un protagonista a livello mondiale della politica e dei media, una specie di Citizen Kane, uno che si è fatto da sé, con dei problemi non risolti, un padre estremamente brutale, ma anche con una certa idea del proprio destino. Al contempo, è uno abituato a giocare sporco. È questo il suo ruolo nel mondo: non rispettare le regole. Ma la storia è centrata tanto sulle dinamiche familiari, quanto su quelle dei media e della politica. Le persone sono spesso mosse da motivi personali. Trump, per esempio, che padre avrà avuto? O madre? È un uomo che non possiede la minima intelligenza emotiva. Un narcisista completo, al cento per cento».
Il personaggio di Richard
Gere si muove tra chiaroscuri, molte zone d’ombra e qualche luce, inafferrabile, ambiguo, sempre mosso da un fine che accidentalmente lo può portare a compiere anche qualche azione generosa: «Max usa qualsiasi cosa gli torni utile. Non è del tutto chiaro quali siano le sue motivazioni, e voglio che rimanga così. È senz’altro un venditore, ma riesce a capire perfettamente ciò che le persone pensano davvero, cosa sentono. Credo che le sue ragioni siano complesse, a volte buone, a volte meno. Servono sì a fargli ottenere ciò che vuole, ma sono anche generose, visionarie. Non è mai del tutto chiaro perché fa ciò che fa, anzi spesso le sue azioni sono avvolte nell’oscurità, nel pericolo. Ma forse lui sa di dover agire così per poter accedere a un livello successivo. Io ci vedo ancora del buono in lui».
Forse complice la filosofia zen del buddismo (a cui si è avvicinato quando aveva 20 anni), l’attore che odia rivedersi sullo schermo («è sempre stato così e, se è possibile, lo evito») sembra avere una fiducia naturale nell’animo dell’uomo. «Di fondo siamo tutti buoni. Siamo ricoperti da fango, sporcizia e buio, dolore e sofferenza, ricordi. Ma poco sotto la superficie si trova sempre un essere umano che vuole essere amato, e che vuole stare insieme a persone gentili e generose. Se entri in una stanza e le persone si voltano e ti sorridono, oppure si rabbuiano e ti voltano le spalle, proverai sentimenti radicalmente diversi. Tutti vogliamo essere amati. Con tutti i nostri demoni personali».