Corriere della Sera

Mi spieghi, papà?

- di Massimo Gramellini

Oggi sarebbe la Festa del Papà. In questi giorni di contagio & disagio, il mestiere di genitore consiste nel mettersi una maschera sopra la mascherina: sorridere senza far trapelare l’ansia e tenendo alto lo scudo dell’ironia per proteggere la prole dalle radiazioni della paura e da quelle non meno letali della retorica. Si moltiplica­no gli appelli dei vip a restare in casa e a volersi bene, ma il pensiero corre a coloro che abitano in massa dentro due camere e cucina e non hanno ancora sbattuto la testa contro il muro né contro un coinquilin­o. Eroi.

Per il resto non si capisce più nulla. Il fratello di mio figlio ha visto dal balcone due fidanzati che si tenevano per mano e mi ha chiesto: «Si può?» Credo di no, gli ho spiegato, altrimenti tutti camminereb­bero vicini dicendo di stare insieme e bisognereb­be portarsi appresso il certificat­o di residenza o inventarsi quello di innamorame­nto. «Ma in casa tu e la mamma potete darvi la mano?» Ho fatto il vago, dicendogli che per ora il Papa ha liberalizz­ato le carezze ai nonni. «Quindi posso andare a casa di nonna e darle una carezza?» Non ci provare nemmeno, ho risposto, rischiando la scomunica. «Quando torno a scuola?» Se lo chiedono tutti, i genitori più dei figli, però nessuno ha capito che cosa deve accadere perché ciò accada. Il vaccino. E se ci volesse un anno? Il calo della curva del contagio. E se risalisse appena riprendiam­o a uscire? Ma queste domande, davanti ai piccoli, è meglio non farsele. E continuare a sorridere.

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