Mi spieghi, papà?
Oggi sarebbe la Festa del Papà. In questi giorni di contagio & disagio, il mestiere di genitore consiste nel mettersi una maschera sopra la mascherina: sorridere senza far trapelare l’ansia e tenendo alto lo scudo dell’ironia per proteggere la prole dalle radiazioni della paura e da quelle non meno letali della retorica. Si moltiplicano gli appelli dei vip a restare in casa e a volersi bene, ma il pensiero corre a coloro che abitano in massa dentro due camere e cucina e non hanno ancora sbattuto la testa contro il muro né contro un coinquilino. Eroi.
Per il resto non si capisce più nulla. Il fratello di mio figlio ha visto dal balcone due fidanzati che si tenevano per mano e mi ha chiesto: «Si può?» Credo di no, gli ho spiegato, altrimenti tutti camminerebbero vicini dicendo di stare insieme e bisognerebbe portarsi appresso il certificato di residenza o inventarsi quello di innamoramento. «Ma in casa tu e la mamma potete darvi la mano?» Ho fatto il vago, dicendogli che per ora il Papa ha liberalizzato le carezze ai nonni. «Quindi posso andare a casa di nonna e darle una carezza?» Non ci provare nemmeno, ho risposto, rischiando la scomunica. «Quando torno a scuola?» Se lo chiedono tutti, i genitori più dei figli, però nessuno ha capito che cosa deve accadere perché ciò accada. Il vaccino. E se ci volesse un anno? Il calo della curva del contagio. E se risalisse appena riprendiamo a uscire? Ma queste domande, davanti ai piccoli, è meglio non farsele. E continuare a sorridere.