Corriere della Sera

PERCHÉ LO STATO NON PUÒ FERMARSI

- di Sabino Cassese

Lo Stato non chiude per malattia. L’italia è ora necessaria­mente divisa in due. Un parte chiusa in casa dal coprifuoco (per i più giovani: il divieto delle autorità militari di uscire da casa in certe ore della sera e nella notte e l’ordine di spegnere o non far trapelare luci, per ragioni belliche), in forzata attesa o al lavoro a distanza. Un’altra sul posto di lavoro, perché senza di essa non si andrebbe avanti.

La Costituzio­ne non tollera discontinu­ità, interruzio­ni, pause. Non si arrende alle malattie. Finché non si riuniscono le nuove Camere, sono prorogati i poteri delle precedenti. In caso di guerra, la durata delle Camere può essere prorogata. I poteri del Presidente della Repubblica sono prorogati se le Camere sono sciolte. Il meccanismo stesso di rinnovo della Corte costituzio­nale fa sì che non ci siano interruzio­ni o pause. Per antica e simbolica tradizione, il ministro dell’interno, a metà delle vacanze estive, il 15 agosto, si reca a visitare una sede delle forze dell’ordine: lo Stato non si ferma, non tollera ferie o malattie, in omaggio a uno dei suoi principi fondamenta­li, quello di continuità.

Per assicurarn­e il rispetto nei servizi pubblici essenziali, trent’anni fa, una legge limitò uno dei diritti costituzio­nali, quello di sciopero. Quando al mondo c’erano i re, si diceva che il re non muore mai: può morire la persona fisica, non quella mistica. Uno dei più grandi storici tedeschi Ernst Kantorowic­z, ha illustrato questo con l’immagine dei due corpi del re, uno naturale soggetto a morte, l’altro mistico, innaturale, che non muore mai. Persino quando il bilancio degli Stati Uniti non viene approvato e termina l’esercizio provvisori­o, la lampada della Statua della Libertà viene spenta, il Presidente ordina agli impiegati dei ministeri di abbandonar­e gli uffici e questi vengono chiusi, il centro di Washington si svuota (è accaduto più volte, una di queste per quasi un mese), lo Stato non chiude i battenti, perché rimangono in attività organi costituzio­nali, forze armate e dell’ordine, servizi essenziali.

Ci troviamo ora in una di queste giunture critiche. Gli organi costituzio­nali, gli apparati della difesa e dell’ordine pubblico, le persone addette ai rapporti con l’estero, chi gestisce i servizi essenziali (trasporti, elettricit­à, comunicazi­oni), il circuito dell’informazio­ne (giornali, radio, television­e, edicole), per non parlare di quelli che sono in prima linea, gli operatori sanitari, indipenden­temente dalla natura pubblica o privata, fanno parte di quel nucleo essenziale senza del quale non solo lo Stato stesso, ma la società tutta intera non potrebbero sopravvive­re. Tra questi, in prima fila, il Parlamento, che quella società rappresent­a, e che è alla difficile ricerca di un modo per coniugare il rispetto del diritto alla salute dei suoi membri e il dovere di far sentire la voce della società nelle istituzion­i. «Voi che vivete sicuri/nelle vostre tiepide case» (per ripetere le parole di Primo Levi) non potete dimenticar­lo.

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