Le Regioni e la corsa ai tamponi Esperti divisi sugli asintomatici
Dal Veneto alla Campania, in molti vogliono aumentarli. A Bologna via a quelli in auto Ma Brusaferro (Iss): «Non sono l’arma decisiva. La battaglia si vince con i comportamenti» I dubbi: «Laboratori a rischio intasamento». La tecnologia per seguire i mala
ROMA Più tamponi, anche per gli asintomatici a rischio, ma non per tutti. Dopo giorni di discussioni e dibattito, la linea che sembra prevalere nelle decisioni di molte Regioni è questa. Le posizioni scientifiche sono diverse, spesso contrapposte, ma le richieste di molti esperti vanno nella direzione di aumentare il numero dei test effettuati, senza arrivare allo screening di massa. La linea del Comitato tecnico-scientifico e del governo continua invece a essere quella di effettuare i tamponi ai sintomatici. Lo spiega bene il presidente dell’istituto superiore della sanità, Silvio Brusaferro, nella conferenza stampa quotidiana: «I test non sono l’arma decisiva, danno solo una visione istantanea, del momento. Non ci sono scorciatoie: oggi la battaglia si vince con i nostri comportamenti».
Le Regioni
Sulla linea del Veneto si stanno schierando diverse regioni, dalla Toscana all’emiliaromagna, alla Campania. Ma il governatore Luca Zaia sembra frenare: «Non ho mai detto che facciamo tamponi a tutti. Ho detto che li faremo secondo criteri epidemiologici, partendo dagli addetti alla sanità». C’è una questione di costi, che però il governatore riassume così: «Un tampone costa 18 euro e una persona in terapia intensiva costa circa 3 mila euro al giorno». La Sicilia
valuta se fare il tampone, nei prossimi giorni, ai 35 mila tornati dal Nord.
Sull’aumento del numero dei test si fanno sentire le categorie, a partire da medici e infermieri. Spiega Giorgio Palù, virologo dell’università di Padova e già presidente della Società europea di virologia: «Fare 10 mila test nelle microbiologie vorrebbe dire distogliere da altre esigenze, come le infezioni gravi, le setticemie e le meningiti. Andrebbero fatti test mirati: al
Il presidente Zaia «Mai detto di farli a tutti L’esame costa 18 euro, un malato in intensiva tremila al giorno»
personale sanitario e a chi non può star chiuso in casa, come le forze dell’ordine, dipendenti pubblici, negozianti. E poi anziani e immunodepressi». Per Palù è inutile uno screening di massa per gli asintomatici: «No, meglio i test che misurano gli anticorpi, come fanno in Cina. Solo così si capisce la tendenza. Costano poco e se ne possono fare molte migliaia al giorno». Ma il comitato dice no ai test rapidi, «inaffidabili rispetto ai tamponi rino faringei». Anche se c’è da segnalare, lo fa Brusaferro, il fenomeno dei «falsi negativi», persone positive che risultavano negative al test.
Gli asintomatici
Ogni asintomatico, spiega Zaia, può infettare anche dieci persone. Secondo uno studio condotto da un gruppo di infettivologi e pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases, una persona su dieci si infetta entrando in contatto con un asintomatico. Impossibile però individuarli tutti, se il virus assume dimensioni importanti. E una volta fatto
Il virologo
Palù: «Andrebbero fatti a personale medico, anziani e a chi non può stare chiuso in casa»
il test, non essendoci terapie, l’unico rimedio sarebbe mandare in quarantena i positivi e chi è entrato in contatto. Ma in quarantena dovremmo essere tutti, già ora, senza bisogno di test. Per questo molti specialisti pensano che lo screening di massa ora sia improprio. Si cita spesso il caso della Corea del Sud, dove sono stati fatti 300 mila test, senza misure restrittive per i sani. Ma Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute e rappresentante all’oms, precisa: «Anche in Corea sono stati fatti tutti a soggetti sintomatici».
Tracciabilità e privacy
A Bologna si sperimenta il drive-through, metodo usato in Corea e in Australia, con il test effettuato in automobile. Il presidente di Confindustria dispositivi medici, Massimiliano Boggetti, assicura che alcune aziende si stanno attrezzando per riconvertirsi e produrre tamponi. In una petizione firmata #Fuoridalbuio 1.500 tra medici, docenti e imprenditori chiedono che vengano autorizzati tutti i laboratori tecnicamente capaci di fare i test e quindi di aumentare la capacità diagnostica. Ci sono centri privati, come il Centro medico Santagostino, pronti a fornire tamponi, se autorizzati. L’amministratore delegato, Luca Foresti, annuncia: «Abbiamo anche realizzato un’app che permette di tracciare in tempo reale i movimenti delle persone positive al coronavirus, di avvertire chi è entrato in contatto con loro ed è quindi a rischio contagio e di individuare sul nascere lo sviluppo di possibili nuovi focolai. Il tutto in modo assolutamente anonimo». Cina, Corea e Israele usano droni, robot e cellulari per tracciare gli spostamenti. Ma è polemica sull’utilizzo della tecnologia e rischi su privacy e derive antidemocratiche.