I bimbi immunodepressi al riparo dai danni polmonari
Arriva proprio dal fronte più colpito dall’epidemia, quello bergamasco, una buona notizia. La affida al Corriere Lorenzo D’antiga, direttore della Pediatria e del Centro trapianti pediatrici dell’ospedale Giovanni XXIII: «I bambini immunodepressi non hanno un rischio aumentato di sviluppare conseguenze severe da infezione da coronavirus — spiega l’esperto, nel cui centro a oggi circa 700 piccoli pazienti sono stati trapiantati —. Abbiamo in questi giorni in reparto bambini che sono risultati positivi al tampone, alcuni sono anche immunodepressi. Ma nessuno sviluppa la malattia, soprattutto non nella forma severa polmonare». Molti colleghi, italiani e stranieri, hanno chiamato D’antiga per chiedergli consiglio, considerata la sua doppia esperienza: come specialista in trapianti pediatrici e come «assediato» da Covid-19, vista la grande diffusione del virus proprio a Bergamo. Così lui ha passato lunghe ore ad analizzare tutti i dati disponibili. «C’è la nostra esperienza in reparto, dove in questi giorni abbiamo avuto circa 200 piccoli pazienti — racconta —.
Poi ho analizzato tutta la letteratura scientifica cinese sull’epidemia e, per ulteriore verifica, ho chiamato un collega pediatra che in Cina è un punto di riferimento per i trapianti. Ho studiato anche i dati relativi alle epidemie di Sars nel 2002 e di Mers nel 2018. Tutte le informazioni vanno nello stesso senso: non c’è alcuna prova che l’infezione comporti rischi maggiori per la popolazione immunodepressa. E chi è immunodepresso non ha un pericolo più elevato di altri di sviluppare le conseguenze più gravi». Anzi, sembrerebbe proprio il contrario: il danno polmonare (le temibili polmoniti letali) non pare infatti essere direttamente causato dal virus, bensì conseguenza della risposta immunitaria che viene messa in atto dall’organismo dell’ospite per difendersi. Quindi se il sistema immunitario è «depresso», ovvero funziona poco, è ragionevole ipotizzare che non scateni le reazioni più forti, che poi portano all’insorgenza dei gravi problemi respiratori. Quindi i bambini trapiantati non sono più in pericolo di altri? «Per quanto ne sappiamo finora i bambini sotto i 12 anni non sviluppano mai la malattia, immunodepressi o meno — continua D’antiga —. Quindi l’immunodepressione non è un fattore di rischio. E questo sembra essere valido anche per i pazienti adulti immunodepressi. Per cui è fondamentale che non smettano le loro terapie». Una buona notizia per migliaia di italiani malati di tumore, i trapiantati o chi soffre di patologie autoimmuni. E, più in generale, tutti coloro che prendono terapie che abbassano le difese naturali. I fattori di rischio noti per il coronavirus sono età avanzata, obesità, diabete, ipertensione, altre patologie concomitanti. «Essere immunodepressi, no — conclude D’antiga —, almeno per quanto ne sappiamo sino a oggi».