«Gli anziani in trappola con il virus»
MILANO Martedì pomeriggio due anziani sono rientrati dall’ospedale. Rimandati in «casa di riposo» con la stessa diagnosi. «Positivi» al Covid19. La donna era in dialisi. L’uomo è morto alle 2 di notte. È il quindicesimo morto. O il sedicesimo. Medici e infermieri sono devastati dalla fatica e dalla tensione. Anche tenere quel conto non è agevole. «Se il coronavirus “entra” in una casa di riposo, può essere uno sterminio», dice un medico (è già successo: a Mediglia, provincia di Milano, residenza «Borromea», 25 anziani deceduti in 23 giorni). La residenza sanitaria «Virgilio Ferrari» (con la «gemella» «Casa dei coniugi») venne fondata dal Comune di Milano nel 1964. Si trova al Corvetto,
periferia Sud della città. Sette piani, ospita poco più di 200 anziani. È isolata da settimane per evitare il contagio. Ora che il contagio è entrato, l’isolamento tra anziani dentro e parenti fuori è diventato un moltiplicatore del disastro umano (al Comune risulterebbe un numero inferiore di decessi, sotto i 5). Per capire cosa sta accadendo nella casa di riposo, il Corriere ha parlato con un medico, un infermiere, due figli di anziani ricoverati. Queste sono le loro voci, riportate senza mediazione. È necessario ascoltarle. Perché le residenze per anziani investite dal Covid-19 rischiano di trasformarsi in container piombati di morte e malattia. Come dice questo medico: «Se non esistono possibilità di recupero, ce lo dicano. Se diventeremo un sono costretti a spostarsi per i lazzaretto, dove s’aspetta solo piani con un rischio enorme che gli anziani si ammalino e di propagare ancor più il contagio. muoiano, siamo pronti, ma Dei quattro infermieri vorremmo saperlo». arrivati come rinforzo, uno è
Questo è il resto dei racconti: rimasto e 3 sono “scappati”. «Il primo anziano “positivo” Alcuni pazienti vengono portati è stato riscontrato a inizio in ospedale, se non muoiono marzo in ospedale. Era al sesto lì ce li rimandano indietro. piano. Poi i “positivi” accertati Ma non siamo in condizioni sono diventati 8. Ora di isolare un piano per
25 non c’è un piano dei sette che soli “positivi” Covid-19, non sia “salvo”. Gli anziani con febbre alta e tosse sono tantissimi, circa il 40 per cento».
«I due direttori sanitari stanno male. Tre medici su 7 I decessi sono in quarantena. La direttrice nella casa di riposo amministrativa sta facendo «Borromea» di l’impossibile per mandare Mediglia, centro a una avanti le cose. Prima, per quindicina di chilometri ogni piano c’erano almeno 5 da Milano. Dopo i primi infermieri al mattino e 4 al casi positivi, la pomeriggio. Oggi sono la metà, struttura è stata isolata fanno turni massacranti, lo scorso 23 febbraio ce lo possiamo permettere, siamo ormai troppo pochi. E abbiamo tutti la preoccupazione drammatica di portare il virus dentro le nostre famiglie. È già successo, anche se è complicato controllare tutte le informazioni. Il marito di un’operatrice era a casa disoccupato ed è finito all’ospedale Sacco in rianimazione. Mogli, mariti e figli ci dicono: “Smettete di lavorare, basta”. Ma come facciamo a mollare gli anziani al loro destino?».
«Lavoriamo senza protezioni. Non abbiamo più camici, occhialini, non si possono ordinare termometri perché non si trovano. Le mascherine che ci hanno dato sono una specie di panno per le pulizie in casa. Come protezione, valgono zero. E il lavoro non si può fare a distanza di un metro, gli anziani vanno lavati, accuditi, aiutati».
«Stiamo sbattendo da giorni la testa su mail che restano senza risposta, chiamate senza ricevere aiuto. Abbiamo contattato Ats, Comune, Protezione civile, numeri verdi per gli operatori e per i cittadini, 112 e polizia. Chiamiamo con le lacrime agli occhi e non abbiamo indicazioni. Vorremmo sapere cosa fare per salvare qualcuno dall’infezione: avere un piano, un criterio di gestione. Possiamo ancora provare a proteggere qualcuno? Diteci come. Altrimenti il virus passerà tra i letti dei nostri anziani come un’onda, e a decidere tra sommersi e salvati sarà soltanto la sorte».