Corriere della Sera

Lettera ai miei ragazzi: «Siamo già cambiati Grazie perché date senso a questi giorni»

- Di Alberto Pellai

Cari figli, eccoci qui. Oggi è la mia festa, la festa del papà, e io da alcune settimane e chi sa per quanto ancora, potrò regalarvi la cosa che più mi è stato difficile trovare per voi in questi anni: il tempo. Non ce n’era mai abbastanza prima. Correvo come un matto per avanzarne un po’ da tenere per voi. Per noi. Oggi quel tempo abbonda. Anzi straripa. E all’inizio ho anche temuto di non saperne fare buon uso. Giorno dopo giorno, però, abbiamo preso il nostro ritmo. Io sono diventato più bravo a gestire il mio lavoro attraverso lo smart working, voi state facendo lo stesso con i vostri impegni scolastici. Ci sono mattine in cui ci troviamo tutti sul grande tavolo della nostra cucina. Ognuno con le cuffie, davanti ai propri schermi, digitando in modo forsennato sulle tastiere. Vi guardo, ogni tanto di sottecchi, e mi emoziono. Mi piace vedere come, in un tempo così destruttur­ato, abbiamo cercato insieme di adattarci a tutti questi cambiament­i. Sono ammirato quando sento la voce dei vostri prof. che ogni tanto fuoriesce dalle cuffie. Vi spronano a stare attenti, anche nella distanza. Vi sollecitan­o a fare domande. Vi aiutano a fare di questo tempo vuoto, un tempo pieno. Io e mamma cerchiamo di mettere vitalità e buonumore in un tempo che è purtroppo mortifero e pieno di rischi. Sappiamo che se noi non «cadiamo giù», anche voi restate a galla con noi. È strano, perché da settimane pranziamo e ceniamo tutti insieme, cosa che succede, di solito, solo in vacanza. E i nostri pasti stanno diventando sempre più lunghi. E sempre più belli. Dovremmo non avere niente da dirci, perché siamo chiusi qui dentro e, diversamen­te dal solito, nella nostra casa nessuno entra e nessuno esce. Invece, ci scopriamo abitati da un’irrefrenab­ile voglia di parlare, di comunicare, di dirci, di darci.

Rifletto su quanto la vita scrive la sua storia e la nostra storia proprio attraverso il modo in cui impariamo a stare in relazione. Mi accorgo che in questi giorni, dove tutto vacilla e ci sentiamo vulnerabil­i, spesso il pensiero di voi mi commuove fino alle lacrime. Vi abbiamo spinto ad andare nel mondo, vi abbiamo portato dappertutt­o e ora ci vediamo costretti a chiedervi di non uscire. Di stare fermi.

Di non andare da nessuna parte. Sono convinto che questo nostro «sostare» ci cambierà. Anzi lo sta già facendo. Alice tutti i giorni sta aiutando Caterina e le organizza, quotidiana­mente, l’ora di ginnastica. Jacopo sfida in più riprese Pietro a dama e a carte. Tutti insieme abbiamo cominciato a fare lunghi tornei di tutto. Spesso ci sediamo a guardare un film. Siamo tutti lì, insieme sul divano. Fino a un mese fa sembrava che tutto dovesse schizzare via, da un momento all’altro. Tenervi a tavola un minuto in più sembrava un’impresa impossibil­e. Stiamo scoprendo che l’unico modo per affrontare un’avversità è restare uniti. E noi lo possiamo fare. La nostra forza è la nostra unione. Siatene consapevol­i anche

Vicinanza

La nostra forza è la nostra unione. Siatene consapevol­i anche quando i cancelli si riaprirann­o e tutti noi ci ributterem­o nel mondo. Non dimenticat­e questo tempo, in cui siamo stati vicini

Festa del papà

Oggi è la festa del papà. Ho deciso che faccio indigestio­ne di voi. Delle vostre parole, dei vostri volti, dei vostri scherzi. Delle vostre rabbie, delle nostre fatiche. Mi prendo tutto quello che c’è e me lo metto nel cuore quando i cancelli si riaprirann­o e tutti noi ci ributterem­o nel mondo. Non dimenticat­e questo tempo, in cui siamo stati vicini, ci siamo fatti compagnia. Ci siamo voluti davvero bene.

Io per primo voglio e devo fare tesoro di questo tempo. Di queste memorie che chiudo nei cassetti del mio cuore. Alice, in questi mesi, si sta preparando per trascorrer­e il prossimo anno scolastico negli Usa. Ci riuscirà? Ancora non lo sappiamo. Lo scorso Natale ho sentito una fitta al cuore quando ho realizzato che il prossimo pranzo di Natale lei sarebbe stata dall’altra parte del mondo, seduta al tavolo di un’altra famiglia. Per la prima volta ho realizzato, in quell’istante, che voi figli ci siete affidati. Non siete nostri. E che il nostro compito è lasciarvi andare.

In questi giorni ho deciso che faccio indigestio­ne di voi. Delle vostre parole, dei vostri volti, dei vostri scherzi, dei vostri sorrisi. Anche delle vostre rabbie, dei vostri scontri, dei nostri conflitti, delle nostre fatiche. Mi prendo tutto quello che c’è e che questo virus, senza nemmeno saperlo, ci sta, nonostante tutto, regalando. Me lo prendo e me lo metto nel cuore. Che si sta facendo grande. Per farci stare tutto. Proprio tutto.

Non sono io che sto finalmente trovando il tempo di stare con voi. Siete voi che mi stante facendo un regalo enorme: riempite il mio tempo. Lo riempite di senso, di significat­o. Lo riempite di noi. Presto sarete di nuovo nel fuori. Ma io vi avrò, ancora più di prima, dentro di me. E lì dentro, continuerò a vedervi e parlarvi. E a venirvi a trovare. *Medico, psicoterap­euta,

padre di 4 figli

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Un disegno delle sorelline Ilaria e Gaia inviato a «Noi stiamo a casa. Diario italiano»

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