Corriere della Sera

Biden trionfa, Sanders verso la resa

Primarie dem, ancora tre vittorie per il vice di Obama che tende la mano al rivale: «Uniamo il Paese»

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

Bernie Sanders è chiuso nella sua casa in Vermont, a «riflettere» sulla netta sconfitta, l’ennesima, subita nelle primarie di martedì 17 marzo. Ieri ha fatto smentire dal suo portavoce Mike Casca la notizia che dava per imminente il ritiro dalla campagna elettorale. I sandersian­i hanno sospeso le inserzioni pubblicita­rie su Facebook e il sito Axios aveva concluso che fosse il segnale della smobilitaz­ione sandersian­a.

Il tema per Sanders, comunque, è questo: restare o lasciare. Il suo rivale, Joe Biden lo ha surclassat­o ovunque, nello «swing state» della Florida, facendo il pieno anche tra i latinos; nel nord industrial­e dell’illinois, conquistan­do Chicago e le aree suburbane; nella lontana Arizona. I distacchi sono netti, inequivoca­bili: dai 12 ai 40 punti percentual­i (in Florida). Nel tabellone generale Biden ha ora 1.153 delegati, Sanders è a 861. Siamo più o meno a metà percorso e la soglia per ottenere la nomination è 1.991. L’algebra è chiara. La logica politica ancora di più: lo spazio per una rimonta è ormai solo teorico.

Il senatore del Vermont, 78 anni, ha diffuso una nota in cui si prende «settimane» per «valutare i prossimi passi». Più interessan­te la mail che il capo della campagna, Faiz Shakir, 40 anni, ha inviato ai supporter: «Niente zuccherino ieri (martedì 17 ndr), le cose non sono andate come volevamo. La nostra campagna ha vinto la battaglia delle idee, ma stiamo perdendo la battaglia della nomination con Joe Biden. Ecco che cosa succederà ora. Bernie avrà una serie di colloqui con i sostenitor­i e valuterà quale sarà il percorso della campagna. Vi terremo aggiornati...». I tempi per la decisione, dunque, potrebbero essere più brevi.

Nel Paese sta crescendo l’allarme per il coronaviru­s. Ohio e Louisiana hanno già rinviato il loro turno elettorale. E lo scenario potrebbe peggiorare drammatica­mente. Sanders, però, non vuole smantellar­e «il movimento» che ha saputo suscitare nella base, specie tra i giovani: finora si è rivelato uno strumento di pressione formidabil­e per condiziona­re l’agenda del partito democratic­o. Ma sarà così anche nelle prossime settimane? Il virus ha chiuso anche la politica. La testa dell’opinione pubblica è altrove. Inoltre i personalis­mi e il settarismo stanno sfaldando l’area radical. Elizabeth Warren si è defilata. Alexandria Ocasio-cortez è praticamen­te sparita dalla campagna per una serie di contrasti. Negli ultimi giorni la giovane deputata ha postato solo un paio di tweet di circostanz­a a sostegno di Bernie.

Alcuni commentato­ri fanno notare che Sanders potrebbe andare avanti per impedire a Biden di arrivare a quota 1.991 e aumentare il suo potere negoziale alla Convention di luglio. Si dimentica, però, che ancora il 5 marzo, in un’intervista con Rachel Maddow di Msnbc, il senatore aveva promesso: «Non guardo la soglia, se Joe arriverà alla Convention anche con un solo delegato più di me, riconoscer­ò la sua nomination».

Biden lo aspetta dall’altra parte del fiume. L’altra notte, in via streaming dalla sua casa nel Delaware, ha rivolto un garbato appello: «Ammiro la grande passione e tenacia di Bernie e dei suoi elettori. Ho sentito la vostra voce, condividia­mo i valori e gli obiettivi di fondo. Siamo divisi solo dalla tattica, dal modo per attuarli. Lavoriamo insieme per unire il partito e poi il Paese in questo momento difficile».

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(Epa, Lapresse) Precauzion­i Qui sopra grande uso di disinfetta­nte ai seggi in Florida. Sotto Joe Biden, 77 anni, e Bernie Sanders, 78, evitano la stretta di mano al dibattito tv di domenica
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