I fuochi d’artificio nel cosmo
L’astronoma italiana e la scoperta della più grande esplosione (dopo il Big Bang)
Astronoma per sfida. «Poco prima di iscrivermi all’università avevo letto un articolo sulle possibilità di impiego in Italia dopo la laurea in varie discipline scientifiche: astronomia e fisica erano in ultima posizione. In quel momento in me è scattata la sfida: sono una persona molto caparbia, e così decisi di diventare astronoma». Gli abruzzesi sono noti per la loro caparbietà — i detrattori, che non li conoscono, parlano di cocciutaggine — e Simona Giancitucci non fa eccezione.
Nata ad Atri, in provincia di Teramo, 44 anni, la scienziata è la prima firma della squadra che ha scoperto la più grande esplosione finora mai riscontrata nell’universo (Big Bang escluso). Lo studio è apparso a fine febbraio sulla rivista strano che è accaduto una tantum e se ne dovessimo scoprire altri, allora dovremo rivedere molti dei nostri convincimenti. Oppure vorrà dire che abbiamo solo avuto fortuna noi con Ofiuco».
Da ragazza la passione di Giancitucci era la geologia, ma durante gli anni di università e di dottorato a Bologna la passione per le rocce ha lasciato lo spazio per quella delle stelle: «Oggi sono molto contenta di aver fatto quella scelta — ammette —. Nel 2008 mi sono trasferita negli Stati Uniti per un post-dottorato al Centro di astrofisica dell’harvard-smithsonian nel Massachusetts. Ho poi vinto una borsa di studio Einstein della Nasa presso l’università del Maryland e dal 2016 sono al U.S. Naval Research Laboratory di Washington, un istituto militare dove però io lavoro come ricercatore civile». Il Laboratorio statunitense di ricerca navale (Nrl) ha una ricca storia in radioastronomia. Le perturbazioni nella ionosfera hanno infatti un impatto significativo sugli strumenti militari di comunicazione e navigazione e occorre studiarle. Nel tempo l’nrl ha sviluppato anche una notevole esperienza nelle osservazioni astronomiche a bassa frequenza che hanno permesso la realizzazione dei grandi moderni radiotelescopi.
«L’italia mi ha dato un’ottima istruzione di base, ma negli Stati Uniti ho trovato un ambiente che mi ha permesso di perseguire le mie ricerche. Però non sarei dove sono oggi senza l’appoggio continuo della mia famiglia e del mio supervisore di dottorato e carissima amica Tiziana Venturi, direttrice dell’istituto di radioastronomia di Bologna», ringrazia la dottoressa, lasciando trasparire in filigrana il rammarico per l’ennesimo investimento sulla cultura che il nostro Paese si è lasciato sfuggire.
La sua scoperta pone alcuni interrogativi. In molti si sono chiesti se un’esplosione così grande possa arrivare a investire la Terra. «È avvenuta centinaia di milioni di anni fa lungo un arco di tempo di decine di milioni di anni, ma ora è finita. Il buco nero non mostra segni di forte attività», tranquillizza Giancitucci. «Non sono state rilevate onde gravitazionali. Gli strumenti sono in grado di rilevare il segnale della fusione di buchi neri o stelle di neutroni, mentre l’attività di un buco nero supermassivo è dovuta a un processo più lento».
L’improvvisa notorietà mondiale e le citazioni sui più importanti organi d’informazione sono entrate nell’ovattato mondo delle ricerche astronomiche dell’nrl senza alterare il lavoro quotidiano. «Per noi nulla è cambiato. Io e i miei colleghi siamo molto felici di vedere così tanto interesse per i nostri risultati, ma siamo già concentrati su ciò che verrà dopo», conclude la scienziata. «Abbiamo ancora molto lavoro da fare su Ofiuco e su altri oggetti interessanti là fuori nell’universo. Per quanto mi riguarda continuerò a lavorare su Ofiuco e su altri ammassi di galassie. Abbiamo già ottenuto nuove osservazioni radio, speriamo che ci aiutino a rispondere ad alcune delle domande che sono ancora in sospeso riguardo questa incredibile esplosione». @Pvirtus