Quando l’emergenza chiama meglio farsi trovare preparati
Diritto Conviene che i poteri eccezionali di cui uno Stato può avere bisogno siano regolati sul piano costituzionale
Ènei momenti eccezionali che si comprendono appieno le implicazioni della celebre affermazione del giurista tedesco Carl Schmitt: «Sovrano è chi decide sullo stato d’eccezione». È una differenza fra democrazie e regimi autoritari il fatto che un problema di difficilissima soluzione nelle prime non lo sia nei secondi. Mi riferisco alla questione dei «poteri di emergenza» (previsti dalle leggi, oppure no) che sono necessari per fronteggiare gli stati d’eccezione. È la natura dei regimi autoritari a rendere il tema irrilevante per i loro capi. Non ci sono vincoli costituzionali né Stato di diritto né giudici indipendenti. Non c’è esigenza di trasparenza, non c’è opposizione legale, non c’è un’opinione pubblica a cui rendere conto. In realtà, non c’è differenza fra il trattamento delle emergenze e quello della normalità. C’è stato solo bisogno di un accordo fra i pochi che comandano in Cina perché il governo (dopo avere tentato di nascondere il problema) prendesse decisioni draconiane per fermare l’epidemia, come mettere di punto in bianco in quarantena milioni di persone, senza dover fare i conti con intralci di natura giuridica o politica. Senza doversi preoccupare di «diritti di cittadinanza» che non esistono.
Nelle democrazie le cose funzionano in altro modo. Ci sono vincoli costituzionali, rule of law, giudici indipendenti, diritti di cittadinanza, opposizioni legali, un’opinione pubblica che ascolta più campane, sente opinioni diverse, e può quindi essere manipolata dal governo solo fino a un certo punto.
Nelle democrazie la questione dei poteri di emergenza è delicatissima. Ci sono due possibilità. La prima: la democrazia ha una Costituzione che prevede l’attivazione di poteri di emergenza per fronteggiare stati d’eccezione. È materiale infiammabile: l’attivazione di quei poteri implica una significativa contrazione dei diritti costituzionali di cui i cittadini godono in tempi normali. Implica, per esempio, la concessione di una più ampia discrezionalità all’azione della polizia. La Costituzione della Quinta Repubblica francese prevede quei poteri. Se ne servì il presidente François Hollande proclamando lo stato d’assedio quando la Francia fu vittima di attentati islamisti nel 2015.
Se in Costituzione sono contemplati i poteri di emergenza, sorgono due problemi. Il primo è che potrebbero essere usati non per fronteggiare una autentica emergenza, ma per soffocare la democrazia. L’esempio più citato è quello della Repubblica di Weimar e del «famigerato» articolo 48 della Costituzione sui poteri presidenziali di emergenza. Il secondo problema è che i poteri emergenziali costituzionalmente previsti possono essere efficaci solo se la democrazia in questione è presidenziale o comunque concentra, anche in condizioni normali, ampi poteri nelle mani del capo dello Stato o del primo ministro. L’efficacia è dubbia nel caso di una democrazia «acefala» nella quale chi governa ha poteri ridotti e che vanno contrattati con un’ ampia élite. Si noti che, se la democrazia è di tipo presidenziale, lo stato d’eccezione darà al presidente poteri di emergenza anche quando ciò non sia esplicitamente previsto dalla Costituzione. Fu il caso degli Stati Uniti dopo l’11 settembre 2001.
La seconda possibilità è che in una democrazia il potere di emergenza non sia codificato. La Costituzione non ne parla. In questo caso, se mai si presenterà uno stato d’eccezione, il potere emergenziale si costituirà di fatto. Dal momento che ciò che i cittadini chiedono in quei frangenti è di fronteggiare il pericolo, quali che siano i mezzi per ottenere il risultato.
La Costituzione italiana non prevede poteri di emergenza come quella francese. L’interpretazione dominante è che il Consiglio dei ministri possa deliberare senza
Con un assetto «acefalo», senza un leader forte, è più difficile affrontare le situazioni di natura straordinaria