L’ottocento di Camilleri
Dopo i successi di Montalbano la Sicilia storica: parla l’attore Alessio Vassallo Il protagonista de «La concessione del telefono»: atto d’accusa contro il potere e le ingiustizie italiane
«Sono un perseguitato dalla burocrazia e vittima di quella che si potrebbe definire una fake news dell’800». Alessio Vassallo è protagonista del tvmovie La concessione del telefono, tratto dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri, in onda su Rai1 il 23 marzo in prima serata con la regia di Roan Johnson.
«Il mio personaggio, Pippo Genuardi — racconta l’attore palermitano — fa il commerciante di legnami e, in verità, vive alle spalle del suocero, molto ricco, e della moglie. La sua unica ambizione è di poter avere la concessione di una linea telefonica, e alla fine si scoprirà il motivo: ha un’amante con cui vuole comunicare direttamente. Purtroppo entra in un vortice che lo condurrà a un esito drammatico. Questa storia è una lente d’ingrandimento sulla stupidità umana e sulle storture delle istituzioni burocratiche della Sicilia di quel tempo, e forse dell’italia intera, dove era difficile persino spedire una raccomandata».
E la fake news in che consiste? «Per la mia insistenza nel voler ottenere la benedetta linea telefonica, vengo scambiato per un pericoloso sovversivo socialista, che sta tramando un colpo di Stato. E invece Pippo è uno che non muove eventi, è succube degli eventi: vengo incarcerato, poi assolto, poi devo fare i conti con la mafia e alla fine vengo pure ammazzato dal suocero quando questi viene a scoprire che la mia amante è la sua giovane moglie». Insomma una tragedia? «Apparentemente sì - ribatte Vassallo - ma con i toni esilaranti della commedia camilleriana. Anche il suocero, subito dopo l’omicidio del genero, si suicida, ma siccome l’omicidio passionale non può essere rivelato, la stampa ufficiale affermerà che siamo morti per l’esplosione di una bomba da me congegnata per compiere un atto rivoluzionario».
La concessione del telefono fa parte della trilogia C’era una volta Vigàta, aggiungendosi a La mossa del cavallo e La stagione della caccia. Prodotto da Rai Fiction e Palomar, il tv-movie vede nel cast anche Corrado Guzzanti (Prefetto Marascianno), Fabrizio Bentivoglio (il mafioso Don Lollò) e Federica De Cola nel ruolo della consorte di Genuardi,
la dolce e risoluta Taniné. «È una moglie sicula atipica per l’epoca - afferma l’attrice - Da un lato è devota al marito, di cui è innamoratissima, dall’altro con grande spontaneità dichiara apertamente di provare piacere quando fa sesso con lui, anche tre, quattro volte al giorno. E lo dice spudoratamente al confessore (Padre Macaluso, interpretato da Ninni Bruschetta, ndr), che non le concede l’assoluzione».
Anche la moglie adultera Lillina (Dajana Roncione) è una donna piuttosto risoluta. «Sì - conferma De Cola - da questa vicenda gli uomini ne escono molto male: sono corrotti, mafiosi, intriganti... Alla fine sono le figure femminili a uscirne vincenti».
E continua a essere vincente soprattutto Camilleri, costantemente presente in tv anche con il Commissario Montalbano. «Il grande scrittore è scomparso poco dopo aver firmato l’ultima stesura della sceneggiatura di questo film - racconta Vassallo L’avevo già incontrato nel 2016 quando ebbe la cittadinanza onoraria di Agrigento, avendo l’onore di leggerne la motivazione. Prima ancora l’ho conosciuto per il Giovane Montalbano, dove interpretavo Mimì Augello, vicino a Michele Riondino: venne a trovarci sul set e ci disse: “Adesso fatemi vedere una bella scena”. Ricordo l’emozione che provai, recitando di fronte all’autore: era un po’ come recitare l’amleto davanti a Shakespeare. Camilleri non è stato solo un romanziere importante. Nel momento attuale dove siamo invasi da stupide parole, lo considero un portatore sano di pensieri. Ci ha affidato il compito di custodirli».
Stupidità Questa storia è una lente d’ingrandimento sulla stupidità umana e sulle storture burocratiche