Eriksen può diventare il tesoro dell’inter ma Conte deve aiutarlo
Per capire Eriksen bisogna partire dal posto in cui è nato. L’isola di Fionia è uno dei posti più particolari del mondo. È coperta da lunghe basse colline colorate di un verde bagnato che scendono dolcemente verso il mare. Il resto sono boschi. L’isola è la terza più grande della Danimarca ma ha una sola città, Odense, che vuol dire il Santuario di Odino, inteso come dio della guerra, ma anche della saggezza e della poesia. In tutto gli abitanti sono meno di mezzo milione. Fionia è l’avanguardia del mondo ambientalista, è ferma nel tempo e in una antica eleganza calma. Ha un’atmosfera da artigiani silenziosi ed è la patria di Hans Christian Andersen, 186 fiabe tradotte in ottanta lingue diverse (un esempio, per far capire: Il brutto anatroccolo). Eriksen è nato a una quindicina di chilometri da Odense, a Middelfart, un paese di case in legno e muratura con le finestre a un metro dalla strada di pietre. Incontrò sua moglie a vent’anni, anche lei dell’isola, faceva la parrucchiera a Tammerup. La dichiarazione più trasgressiva che si ricordi di Eriksen è sui paragoni con altri giocatori. Non li ama. Bravo Sneijder, bravo anche Van Der Vaart, ma ognuno resti dentro se stesso. Anche se poi si è concesso un colpo di umorismo, lui che umorista non è: «Sneijder? Sì forse gli assomiglio. Sto perdendo i capelli come lui». Il resto di Eriksen racconta normalità, misura, pacatezza, educazione, eleganza. Gioca a pallone come non molti in Europa, ma non basta mai. Ha un ruolo esatto, è un trequartista che rifinisce per gli altri e ha doti anche per il gol. Sembra dunque tutto semplice, ma lo è stato poche volte anche prima dell’inter. Nessun tecnico ha mai voluto perderlo, ma quasi nessuno ha cambiato la squadra per lui. Il trequartista oggi o è l’attaccante più leggero o fa la mezzala avanzata, con tutto quello che significa in esattezza di posizione e marcature. Eriksen come mezzala avrebbe bisogno di due centrocampisti fissi alle spalle, ma questo cancella il ruolo del regista, spesso occupato dal migliore della squadra. Nell’inter è Brozovic. Con Eriksen nel suo ruolo le squadre finiscono per pendere da una parte. C’è bisogno di aiuti dalle fasce abbastanza continui. Puoi compiere questi sacrifici se fai di Eriksen lo scopo di tutto. Ma devi essere ben ripagato. Questo non può accadere sempre. E quando accade anche di meno porta il ragazzo in panchina, come successo in questa stagione al Tottenham. Puoi forse impiegarlo come Zeman impiegò Totti, sulla fascia sinistra. Ha reso bene anche in quel ruolo, è uno che quando va in verticale con la palla al piede, spezza il campo e conclude. Ma significa rinunciare a tutto un assetto. Sono sacrifici che lo stesso Conte fece al Chelsea quando passò dal suo schema abituale al 3-4-1-2 proprio per mettere Hazard in condizioni di stare in partita. E vinse il campionato. È auspicabile succeda anche all’inter, perché Eriksen assomiglia davvero a un grande giocatore. Non deve essere scoperto, deve capire lui e deve essere capito dagli altri. Eriksen non è mai un errore. Ha comunque tre volte il valore per cui è stato pagato su qualunque buon mercato europeo. È che noi vorremmo fosse Dybala o Pirlo, ma lui è una via di mezzo, un’ottima integrazione. Suo padre, Thomas, allenava la squadra del paese. Lo tesserò per il Middelfart quando aveva due anni e dieci mesi. Lo ha scoperto il vecchio John Steen-olsen, storico scout dell’ajax per i Paesi scandinavi. Una decina di anni prima aveva scoperto Ibrahimovic. È sempre stato considerato magico, per l’isola di Andersen e perché nel suo anno di nascita la Danimarca vinse il campionato Europeo. È stato il giocatore più giovane del Mondiale in Sudafrica, aveva 18 anni, giocò per 44 minuti. Non è una leggenda, è una proposta di ottimo calcio. Non ama correre senza palla, ma ha un ottimo senso dell’inserimento. Conte lo sa. Eriksen fu quello che fermò la corsa del Chelsea dopo tredici vittorie consecutive. Se rinunciano a qualcosa entrambi, la sottrazione potrebbe dare un risultato straordinario.