Peiró, piede svelto per fare un gol indimenticabile
Muore il bomber della Grande Inter famoso per la rete beffa al Liverpool
Non erano in tanti. Ci voleva coraggio. Peggio, incoscienza. Non c’era nessuna Var a proteggere gli stinchi. I calci te li prendevi e te li tenevi. Solo i campioni veri tenevano abbassati i calzettoni. Sivori e Corso, per esempio. O i brocchi. Joaquin Peiró non era né l’uno, né l’altro. Ma i calzettoni li teneva giù lo stesso. Se ne è andato in un giorno di quasi primavera, il 18 marzo. Aveva 84 anni. Quando il mondo aveva la testa altrove. Come quando lui usciva dal campo e non c’erano applausi o fischi. Tutti i tifosi a stropicciarsi gli occhi per i suoi compagni. Quelli della Grande Inter. Che a pensarci forse, senza di lui sarebbe stata un po’ meno grande.
Gli bastò un gol per mettere in cornice la carriera. Come quegli scrittori che scrivono solo un libro di successo e poi si nascondono in qualche posto sperduto. Il gol di Peirò lo ricordano tutti. Persino quelli che non c’erano. La serata era giusta, l’impresa inevitabile: 12 maggio 1965, stadio di San Siro. L’inter deve rimontare tre gol al Liverpool. Sono quelle volte che la gente ci crede senza sapere perché.
Per accendere la miccia della remuntada, dopo il gol di Corso, ci voleva un colpo di genio. Il portiere Lawrence fa rimbalzare la palla prima di rinviarla. Uno, due e alla terza volta il piede svelto di Peiró gliela porta via. Il giocatore inglese è prima inebetito, poi incredulo. Infine impazzito. Protesta con tutta la squadra. Ma non c’è fallo e non c’è inganno. L’inter dopo Herrera ha trovato un altro mago in campo. Facchetti completerà l’impresa. I giovani uomini che quella sera erano allo stadio racconteranno mille volte ai figli di quel gol d’astuzia. E i bimbi lo replicheranno nelle partitelle all’oratorio. Fare il Peiró era figo per quei ragazzini che vivevano di sogni e pallone.
Sandro Mazzola ricorda anche il calciatore trasgressivo, quasi impensabile per quello spagnolo dalla faccia triste ma solo per sbaglio.
«Con lui — rivela — facevamo ogni tanto una fuga. Herrera, infatti, in ritiro ci concedeva pochissimo, sul bere poi era inflessibile. Al massimo potevamo concederci un bicchiere di vino durante il pasto. Così Peiró veniva da me e mi diceva: “Cervesiña?” (birretta?). E fuggivamo insieme per una bevutina segreta».
Peiró era lo straniero di riserva. Chiuso da Jair e Suarez. Con la sua aria dinoccolata e la camminata da iberico triste/indolente. Solo 25 partite con l’inter ma quanti trionfi. Una meteora che illuminò a giorno il cielo nerazzurro. Arrivato dalla Spagna giocò prima nel Toro e poi nella Roma. E disputò anche i Mondiali del 1962 con le Furie Rosse. Ma sono quasi dettagli per chi la leggenda l’aveva scritta in una notte sola.