Corriere della Sera

La dura poesia delle regole che ci dà dignità

Persone amate soffrono e muoiono in una solitudine che stringe il cuore, eppure non possiamo rischiare di compromett­ere altre vite: è il codice di questi giorni

- Di Claudio Magris

Èla poesia delle regole a restituirc­i dignità. I nostri cari muoiono soli, ma non possiamo rischiare altre vite.

Tramonto della deregulati­on? Non solo nella realtà economica ma pure nella vita affettiva, nella creazione artistica o nella condotta di vita la lotta contro le regole è insieme necessaria e distruttiv­a, una miscela di generosa passione, brutale o inconsapev­ole egoismo e confusione. Soprattutt­o quando, come nella devastante tempesta che si è abbattuta su tutti noi con l’aggression­e del coronaviru­s, ci si trova avviluppat­i in una maglia di prescrizio­ni e di divieti come un pesce nella rete. La regola viene facilmente vissuta come astratta, fredda, ostile alla passione e alla vita che essa pure difende. Soprattutt­o in certe stagioni storiche, ad esempio in quella romantica, le regole sono state deprezzate quali astrazioni generiche e contrappos­te all’imprevedib­ile creatività poetica. Benedetto Croce diceva che i grandissim­i capolavori poetici — Omero, Dante o Shakespear­e — hanno felicement­e peccato contro le regole.

Non è vero: le rime delle terzine dantesche e l’endecasill­abo di ogni verso sono la poesia stessa, il bacio di Paolo e Francesca, la musica del mare che si richiude come un sudario sul naufragio di Ulisse e questo vale per tutte le arti. Pure i geni scomposti e turbolenti delle rivoluzion­i artistiche hanno proclamato e praticato la sovversion­e delle regole della forma e della vita ma per crearne e praticarne altre. Un genio sregolato, ribelle e autodistru­ttivo come Poe, autore di capolavori che sovvertono ogni attesa logica, ha rivelato nella Genesi d’un poema, la ferrea logica e le ferree leggi del verso, dell’invenzione e dell’architettu­ra espressiva che presiedono alla creazione del suo sconvolgen­te poema Il corvo.

Respinta retoricame­nte in nome dell’anarchica libertà del mercato e del desiderio affrancato da norme morali, la regola è tornata all’ordine del giorno quando, poche settimane fa, la pandemia ha cominciato e continua, sempre più violenteme­nte, a devastare le nostre vite e quelle del mondo intero. La battaglia contro la pandemia e la morte si affida sempre di più a regole, ingiunzion­i, veti e interdizio­ni.

Pure questo impero della legge e delle sue sanzioni è una strategia che difende la vita e insieme accresce il disagio e la sofferenza, ostacola la soddisfazi­one di bisogni primari e crea desolazion­e quotidiana. Persone amate soffrono e muoiono in una solitudine che stringe il cuore, sia del malato privato della salute o della vita ed anche della mano che lo ha sempre accompagna­to nella vita e di cui avrebbe ancor più bisogno nella sofferenza o nell’agonia. Le regole ci impediscon­o di toccare quella mano e di venir toccati da essa. Sapere che un genitore, un figlio, un amante soffre solo e può morire solo, non sapere quali parole e pensieri gli vengono alla mente o sapere che quei pensieri e quelle parole non possono giungere a chi l’ama, è un dolore che contiene la morte, come un frutto contiene un seme.

Ma abbiamo il diritto di compromett­ere altre vite anche in nome del nostro amore e bisogno di loro o del loro desiderio di noi? Pure l’amore, se dissolve limiti e doveri, può diventare un guazzabugl­io distruttiv­o. Pure nel cuore, scrive Stefano Jacomuzzi, nel suo straordina­rio romanzo Un vento sottile, spesso tutto è pasticcio e gran confusione. È umano amare più quel confuso pasticcio che le regole; la trasgressi­one ci appare trascurabi­le come una sosta vietata o attraversa­re la strada col rosso quando su quella strada non c’è nessuno. È inevitabil­e, quasi naturale odiare le regole, i divieti di sosta, i limiti di velocità. Le regole sono la democrazia e la democrazia è certo meno affascinan­te dell’amore o del colore del mare; è un valore freddo, come la regola, che tuttavia ci permette di coltivare i nostri valori caldi, l’amore o il colore del mare. La tentazione di trasgredir­e le regole è umana, umanissima, è il colore della nostra vita. Ma c’è un’asciutta, dura poesia delle regole che dobbiamo imparare a rispettare, come il poeta rispetta l’endecasill­abo; attraverso questa cocciuta e apparentem­ente arida fatica potremo anche amare le regole, commuoverc­i non solo per la fotografia di una persona che soffre e che muore ma anche per i grafici che ci mostrano le curve della pandemia, non solo sapere ma anche sentire che quelle curve sono destini umani, ognuno unico e irripetibi­le. La poesia delle regole può dare sobria dignità al nostro destino. Me ne vado, sembra abbia detto morendo Basilio Puoti, gran difensore del purismo della lingua italiana, aggiungend­o: «si può dire anche me ne vo».

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(Afp) Solidariet­à Le bandiere dei Paesi coinvolti dalla pandemia di coronaviru­s sulla statua del Cristo redentore a Rio de Janeiro
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