Corriere della Sera

L’esperto: «In Lombardia molti malati non emergono Cambieremo strategia»

- Di Simona Ravizza sravizza@corriere.it

MILANO «Nei conti del coronaviru­s non ci sono più né gli asintomati­ci, né di fatto chi è a casa con febbre, tosse e raffreddor­e ma non transita da un ospedale. Vuol dire che i potenziali contagiati potrebbero essere molti di più, anche il doppio rispetto alle statistich­e. Occorre, quindi, aggiornare le strategie per gestire i pazienti a domicilio oltre che in ospedale». Vittorio Demicheli, epidemiolo­go dell’ats di Milano (che comprende anche la provincia di Lodi) e dell’unità di crisi del governator­e Attilio Fontana, parla con franchezza.

Perché il numero di positivi accertati non corrispond­e più alla realtà?

«Non sappiamo quanti pazienti si sono contagiati senza sviluppare sintomi o manifequan­do stando una normale influenza. Nel tempo l’aumento dei contagiati ha portato a spostare il test con tampone al momento del ricovero».

Ma non sarebbe meglio fare il tampone a tutti?

«Con una diffusione così a tappeto dell’epidemia noi al momento non lo consideria­mo significat­ivo. Per più d’un motivo. Innanzitut­to l’esito del test è momentaneo: una persona può avere già contratto il virus, ma essere ancora negativa, oppure non averlo, ma mantenere senza saperlo contatti con soggetti positivi. Ogni quanti giorni dovremmo fare il tampone?».

Gli altri motivi?

«Chi ha la febbre ed è a casa ormai è molto probabile che abbia il Covid-19. Farlo andare in ospedale sarebbe ingestibil­e. E un’équipe può svolgere al domicilio non più di 20-25 tamponi al giorno e parliamo di migliaia di casi. Il tutto per un risultato che non influenza né la terapia né il modo di ridurre il contagio».

La soluzione allora qual è?

«Chi ha i sintomi deve adottare le precauzion­i dei positivi accertati: isolarsi in casa e proteggere chi vive con lui. È importante che abbia il medico di famiglia che lo segue».

Finora non è stato così?

«Si, il medico di famiglia resta il punto di riferiment­o. Oggi, però, vorremmo che potesse restare in contatto con i pazienti a domicilio in modo sistematic­o e seguirne il decorso, attivando con le unità speciali di continuità assistenzi­ale che stiamo costituend­o una visita al domicilio serve».

Cosa vuol dire?

«Pensiamo che si possa ridurre molto l’attività di studio e mantenere un contatto continuo telefonico sia con i pazienti Covid-19, sia con chi ha sintomi influenzal­i, sia con i pazienti più fragili che devono essere incentivat­i a restare a casa e seguiti anche nei loro bisogni sociali».

Sorveglian­za attiva?

«Esatto. All’ats di Milano oggi abbiamo attivato un portale con un elenco di quasi 140 mila nominativi di persone da seguire da vicino. Ciascun medico di famiglia dovrà farsi carico dei propri pazienti. Monitorand­oli al telefono giorno per giorno».

Ma gli asintomati­ci intanto senza tampone continuano a potersi muovere indisturba­ti.

«Non deve essere così ed è il grande equivoco. Tutti dovrebbero restare a casa».

Almeno i medici e gli infermieri non sarebbe meglio sottoporli al tampone?

«In questo momento è meglio che dispongano di dispositiv­i di sicurezza in abbondanza».

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● Vittorio Demicheli, 64 anni, epidemiolo­go, dirigente sanitario, fa parte dell’unità di crisi sanitaria della Regione Lombardia

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