Dai parchi di Roma ai 300 casi di Torino Chi (ancora) aggira le raccomandazioni
Da Santa Marinella a piedi fino a Civitavecchia. «Ho 86 anni, la vita è meravigliosa, se muoio non mi importa più di tanto», confessa l’anziano in tuta da jogging fermato sul lungomare da una pattuglia di vigili urbani. Ieri il video ha fatto il giro del web. Uno spaccato assurdo ma reale di quello accade in moltissime province italiane, dove le forze dell’ordine sono alle prese con migliaia di persone che non rimangono a casa e non rinunciano alle loro abitudini. Prima fra tutte la passeggiata. Seguita dall’attività sportiva, consentita da un decreto anti-coronavirus che ne consente lo svolgimento senza particolari ristrettezze. Tanto che sempre ieri nel parco della Caffarella, a Roma, un gruppo di ragazzi si è diviso in due squadre per scatenarsi in una partita di calcetto.
Immagini di una realtà distorta, di una raccomandazione — quella di uscire di casa solo per comprovate necessità — che viene disattesa di continuo. Con i sindaci che prendono provvedimenti autonomi e più duri di quelli statali: la chiusura della Montagnetta a Milano, il divieto di fare passeggiate a Padova, La Spezia e Tarquinia, le ronde di 500 cittadini a Genova.
Le violazioni sono ancora tante, troppe, come le scuse di chi porta a spasso il cane in macchina per decine di chilometri, inventandosi di sana pianta che «quello è il pratone dove lo faccio correre sempre». Eppure i controlli non mancano, sono assidui. Le denunce frequenti: 8.297 mercoledì scorso, secondo la polizia, a fronte di oltre 200 mila accertamenti, più altri 116 mila ad esercizi commerciali con 195 indagati.
Solo ieri a Roma altre 200 denunce circa, a Torino 300. È l’italia che non rispetta le esortazioni — fin qui bonarie — della pubblica autorità per limitare i rischi di contagio in regioni dove si potrebbe ripetere l’ecatombe in atto in 53 mila le persone denunciate per aver aggirato la raccomandazione ad uscire di casa solo per determinati e codificati motivi. Ieri, tra gli interventi, c’è stato anche quello della polizia locale di Maratea, che ha bloccato una barca a vela giunta da La Spezia. I 3 a bordo si sono giustificati dicendo che uno di loro era cardiopatico e doveva tornare a casa: denunciati
Lombardia. Eppure, a guardare le chat, basterebbe poco per rendersi conto di quello che sta accadendo: fra le foto rimbalzate di più sui social c’è quella della colonna di camion militari carichi di bare, ma il desiderio della sgambata è più forte di tutto, evidentemente anche della possibilità di morire. Senza contare che da qualche giorno sono aumentati i casi di liti, minacce e aggressioni fisiche nei confronti di chi corre per mantenersi in forma (o almeno questa è la versione) da parte di coloro che invece rimangono tappati in casa. E che magari hanno dovuto chiudere l’attività, un bar o un ristorante, con la prospettiva di perdere tutto. E mentre Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’italia, dice di «non essere favorevole a vietare l’attività sportiva», Girolamo Lacquaniti, portavoce dell’associazione nazionale funzionari di polizia, auspica invece dal governo «un giro di vite, anche perché, oltre alla difesa