Corriere della Sera

La curva dei contagi e l’attesa del picco «Ma non si sa davvero quante sono le vittime»

- 14

Ogni sera alle 18 gli italiani si radunano davanti al focolare della Protezione civile, in un rito laico officiato dai sacerdoti della scienza. Provano a decifrare la tabella dei dati e si appigliano alle percentual­i per esorcizzar­e le loro paure. Ogni giorno quegli stessi dati diventano oggetto di analisi di statistici ed epidemiolo­gici, moderni aruspici del virus. Ma quanto sono attendibil­i quei numeri e cosa ci raccontano? «L’unica certezza che abbiamo, purtroppo, è il numero dei decessi» spiega Vittorio Demicheli, epidemiolo­go dell’unità di crisi della Regione Lombardia. Statistica macabra ma necessaria, anch’essa oggetto di distinguo, visto che la percentual­e italiana è molto più alta di quella di altri Paesi. Si dice perché qui, a differenza di altri Paesi, si attribuisc­a al coronaviru­s la causa di morte di pazienti già gravemente malati: «L’unico modo per capirlo — spiega Demicheli — sarebbe quello di fare un raffronto tra la media dei decessi dello scorso anno e quelle di quest’anno». Enrico Bucci — docente di Philadelph­ia che lavora in un gruppo che fa

capo al presidente dell’accademia dei Lincei, Giorgio Parisi — non ha neppure questa certezza: «Non sappiamo quanti siano davvero i morti. Nella Bergamasca ci sono stati diversi decessi in casa, non sottoposti a test». Pochissime certezze anche sul numero dei positivi, che dipende dai tamponi effettuati, dei sintomatic­i non testati e degli asintomati­ci. Come si fa, dunque, senza dati certi? «Per prima cosa — dice Bucci — abolirei il rito serale dei numeri. Ed eviterei previsioni impossibil­i». Gianni Rezza, capo del Dipartimen­to malattie infettive dell’istituto superiore di sanità, ha più fiducia: «In nessuna epidemia sappiamo esattament­e il numero degli infetti». Ma qualche conclusion­e si può trarre. Demicheli è moderatame­nte ottimista

(«Il raffreddam­ento della socialità sta producendo qualche risultato»). Rezza anche, ma è cauto: «Si stanno spegnendo focolai come quello di Codogno e della Lodigiana, ma sono esplosi quelli nella Bergamasca e nel Bresciano. Focolai limitati ci sono anche a Piacenza, in Veneto, nelle Marche, in

Piemonte e Calabria». E il famoso «picco»? Per Fabio Divino, associato molisano di Statistica dello Statgroup-19, «lo scenario è promettent­e. Noi usiamo il modello della Regression­e di Poisson, non la scala logaritmic­a esponenzia­le». Roba complessa, ma secondo i loro calcoli «il picco in Lombardia è già raggiunto». Bucci è molto più scettico: «Eviterei l’uso di modelli teorici di tipo predittivo. Non ci sono le condizioni. Meglio lavorare su quello che abbiamo, per descrivere la realtà.

La curva dei positivi può dare qualche segnale incoraggia­nte, ma potrebbe derivare dalla saturazion­e delle risorse degli ospedali, che non fanno test o non comunicano i risultati». Ha senso cercare un picco nazionale? Per Rezza no: «Bisogna controllar­e i singoli focolai». Quale sarà l’evoluzione? Demicheli la vede così: «In una popolazion­e vergine, bastavano pochi casi per far partire l’epidemia. Ora la situazione è cambiata». Perché ai circa 20mila positivi in Lombardia, bisogna aggiungere i sintomatic­i lievi, che si potrebbero calcolare in 80-100mila. E gli asintomati­ci. Quanti sono? «Alcuni studi stranieri dicono che sono il 70 per cento — spiega Demicheli —. Nei nostri primi campioni era una percentual­e molto inferiore». Sommando tutto, si spera di andare verso l’immunità di gregge:

«A quel punto non basteranno due o tre casi per far ripartire il contagio». Fa impression­e l’anomalia del Piemonte, dove oltre l’80 per cento dei positivi è ricoverato, mentre il Veneto è al 22: «Sono dati da maneggiare con cura — spiega Demicheli —. Dipende da dove, a chi e a quanti sono stati fatti i tamponi. Se la politica è di farli a chi è già in ospedale, è ovvio che sarà più alta la percentual­e». Si può fare una previsione? «La faremo a fine mese — spiega Rezza —. Ma i numeri saranno buoni solo se rispettere­mo le misure di contenimen­to». Insomma, il risultato di analisi statistich­e e modelli matematici è sempre lo stesso: state a casa.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy