EMERGENZA E BIODIFESA, LE DEBOLEZZE DEL SISTEMA NEGLI STATI UNITI
Lette oggi in tempi di coronavirus alcune parole attirano l’attenzione, più di quanto in precedenza ne abbiano ricevuta da parte di dirigenti politici, amministrazione pubblica, informazione. Parole come queste per esempio: «Molti ospedali e altre entità sanitarie operano al di sopra e spesso al di là delle proprie capacità, cercando di soddisfare le esigenze delle comunità in cui agiscono. Non possiedono la capacità superiore necessaria per rispondere a eventi biologici su larga scala».
Le due frasi si trovano in un rapporto pubblicato da un organismo che esiste negli Stati Uniti e si chiama «Bipartisan Commission on Biodefense», commissione con entrambi le parti politiche sulla biodifesa. Risalgono al 2018. Riguardavano le contromisure da adottare nel Paese per prepararsi a fronteggiare minacce di bioterrorismo o pandemie. A co-presiedere la commissione erano un repubblicano e un ex senatore democratico, l’ex ministro dell’interno Tom Ridge e Joe Lieberman. Se il metodo di elaborazione del rapporto intitolato «Holding the line on Biodefense» può essere da modello per l’italia — in materia vanno cercate intese tra maggioranza e opposizione — il panorama che ne veniva fuori non risulta adesso confortante.
Emerge dal testo che negli Stati Uniti i governi locali sono 89.004. Coordinarli è arduo. E nelle 51 pagine si intuiscono difficoltà attuali sottovalutate da Donald Trump. Tra le raccomandazioni ve ne erano due: «Migliorare la distribuzione di farmaci, equipaggiamenti medici e altre forniture essenziali»; rendere «la biodifesa una priorità per tutti i leader eletti». Non risulta siano state applicate in pieno. L’italia dispone di un’assistenza sanitaria pubblica che non teme confronti con gli Stati Uniti. Ma anche noi in futuro dovremo ricordare che un grammo di prevenzione, insegnava una dottoressa, vale un chilo di terapia.
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