«Flintstones», efficace satira su tic e cliché degli anni Sessanta
S u Boomerang (canale 609 di Sky) sta andando in onda una serie per i più piccini, si chiama Yabba Dabba Dinosaurs ed è uno spin-off dei Flintstones. I protagonisti, infatti, sono Ciottolina e Bam Bam, figli rispettivamente di Fred e Wilma Flintstone e di Barney e Betty Rubble.
Leggo che i nostri piccoli eroi «vivono nella città di Bedrock, dove risiede una “modernissima” civiltà… dell’età della pietra! Ogni volta che ne hanno la possibilità, si immergono nella natura selvaggia dove tutto è incontaminato e dove vivono moltissimi dinosauri». Una buona occasione per chiedersi che cosa abbiano rappresentato negli anni 60 Flintstones (in Italia si chiamavano Gli antenati), la creatura più prestigiosa di William Hanna e Joseph Barbera (ora su Netflix). Ambientata in una società della pietra rivista e corretta, tra cinema, auto, case, bowling e drivein ricostruiti con massi, tronchi, rami e sassi, con divi come Cary Granite e Stony Curtis, la serie è ambientata nel 10.000 a.c nella placida Bedrock.
Tutti i tic, i difetti, i cliché della società degli anni Sessanta (quel mondo sconosciuto che noi avremmo poi chiamato «consumismo») vengono trasportati nel periodo preistorico, con un voluto effetto straniante. Satira sì, ma molto bonaria. Per ovviare alle mancanze dell’epoca preistorica,
inon mancavano tecnologie all’avanguardia per accrescere le comodità dei protagonisti: mammut nascosti sotto il lavandino che fungono da tritarifiuti, ascensori azionati da brontosauri, aspirapolvere impersonati da un dinosauro a testa in giù.
I Flintstones stabiliscono un altro importante traguardo per l’animazione televisiva: è la prima animated sitcom a essere proposta in prime time. La ABC aveva ascolti inferiori rispetto alla CBS e NBC e per batterle propose qualcosa di nuovo e diverso, destinato anche a un pubblico adulto. Come poi succederà coi Simpsons.