L’unità nazionale per la fase più dura
L’unità nazionale tra le forze politiche va salvaguardata ora che inizia la fase più delicata della crisi.
Perciò Mattarella è intervenuto l’altro ieri sul governo e sui leader di opposizione, e la sua iniziativa va oltre la rapida approvazione del decreto Cura Italia. Tutti gli attori, ognuno per il proprio ruolo, sono consapevoli che è prioritaria la tenuta del sistema: perché c’è l’emergenza sanitaria, c’è l’emergenza economica ma c’è da garantire anche un clima politico il più possibile sereno, semmai dovessero insorgere problemi di ordine pubblico. Ecco qual è il tema più spinoso che aleggia in ogni riunione, «è l’ansia maggiore di Conte», come raccontava il governatore lombardo Fontana dopo aver parlato con il premier.
E allora, certo, sul decreto il governo accoglierà alcune richieste di modifica formulate dal centrodestra, perché non poteva bastare che il ministro dell’economia Gualtieri si limitasse a complimentarsi con i tecnici dell’opposizione per i «validissimi contributi» forniti alla stesura del provvedimento. Né Conte può immaginare che il principio di collaborazione bipartisan si riduca a una telefonata prima delle sue (numerose) conferenze stampa. Ed è vero che lo spirito di unità nazionale ha gradi diversi di sensibilità nella Lega, in Fratelli d’italia e Forza Italia, ma al dunque il richiamo del capo dello Stato ha dato un ordine alle cose.
E in cima c’è l’emergenza Covid-19, «che sarà lunga e complessa», sostiene un autorevole ministro: «E più sarà lunga, più sarà complesso gestirla». L’idea che a maggio il Paese possa uscire dal tunnel è considerato al momento solo un auspicio nel governo, dove peraltro si sta già discutendo delle procedure con cui si tornerà un giorno alla normalità: perché «i divieti non potranno essere tolti subito ma in modo graduale, per evitare una seconda ondata epidemica che avrebbe effetti più devastanti della prima, sotto il profilo sanitario, economico e anche sociale». Torna così il tema dell’ordine pubblico, che viene affrontato dai ministeri di Intern0 e Difesa.
Già due settimane fa — secondo più fonti accreditate — i responsabili dei due dicasteri avevano iniziato a lavorare attorno al delicato problema. E c’è un motivo se Guerini è parso finora prudente circa una presenza massiccia dei militari sul territorio: c’è da evitare che monti un clima di ansia nell’opinione pubblica, se è vero che il titolare della Difesa — una decina di giorni fa — aveva ricevuto telefonate allarmate da parte di alcuni sindaci del Nord, che si erano accorti del passaggio di colonne di uomini e mezzi sul loro territorio. «Stanno solo rientrando da alcune missioni», era stata la risposta del ministro, che aveva dovuto persino redigere una nota per spiegare e tranquillizzare.
Tuttavia alcuni corpi delle Forze armate hanno svolto delle esercitazioni, «e sono pronte e preparate nel caso in cui si rendesse necessario il loro contributo», ha specificato un rappresentante del governo. Bloccare a lungo il Paese in casa non è semplice, assicurare la logistica e l’approvvigionamento è indispensabile, ma in questo drammatico contesto — tra le difficoltà degli operatori sanitari, la frammentazione delle ordinanze e la fretta di varare i primi interventi economici — «c’era un altro step da fare», spiega un viceministro alludendo al tema dell’ordine pubblico: «Ed è stato fatto».
Quando il governatore campano De Luca, per esempio, chiede la «militarizzazione» della sua regione e «poteri eccezionali» alle forze dell’ordine, non fa che evidenziare la criticità di alcune aree del Paese e allertare sui rischi a cui si può andare incontro. Con il sistema messo così sotto pressione, la politica non può essere dunque parte del problema. Perciò serve l’unità nazionale, lo testimonia anche il lavoro riservato del Copasir che si riunirà mercoledì, perché — come dice un suo rappresentante — «nessuno pensi di giocare con l’italia».