Coma_cose: viaggio nei sentimenti pensando a Milano
La rabbia e la solitudine. Un lato a e un lato b dell’anima, ma anche lato a ebdeln uovo progetto dei Coma_ cose, unep intitolato «Due». «Due come noi, come le canzoni contenute, e come i due sentimenti che sembrano in antitesi, ma sono complementari come yin e yang», spiegano California e Lama, coppia di successo (ri)partita dalla gavetta con uno stile che abbraccia cantautorato indie, rap con nostalgie anni 90 e urban.
La solitudine è il tema di «Guerre fredde», ballad esistenziale: «Quando il testo recita “la tua solitudine è perfetta così” è un modo per dire che bisogna fregarsene del giudizio degli altri. Nella propria solitudine si è perfetti, ci si affronta e capisci chi sei», commenta California, all’anagrafe Francesca Mesiano.
«La rabbia» è il sentimento dell’omonimo lato B. «È un superpotere, una forza propulsiva che ti fa cercare il positivo come reazione al negativo e all’ingiusto», dice Fausto «Lama» Zanardelli. L’attacco del pezzo è un pungo allo stomaco. Si evocano corpi neri nel Mediterraneo fra sangue e onde come semini dell’anguria sputati da qualcuno che si nasconde. «La canzone è nata prima di questa emergenza virus, ma sarà interessante vedere cosa accadrà dopo. Credo che ci sarà un momento di paura e chiusura per poi tornare a costruire, come è accaduto nel dopoguerra. In questi giorni siamo passati dall’essere una nazione americano-centrica a essere i cugini sfigati dell’europa. Questo cambio di prospettiva ci fa vedere quanto ci sia di comune fra gli uomini a prescindere dalla provenienza».
Sono coppia nella vita, l’isolamento di questi giorni sta portando nuove idee. «Dopo una prima fase di angoscia è arrivata l’ispirazione. Prima della chiusura dei negozi siamo andati a comprare due chitarre perché la nostra musica parte sempre da qualcosa di suonato che poi rivestiamo di sample ed elettronica: le nostre sono canzoni che si possono suonare in spiaggia», dice Lama. «Due» non è fatto di avanzi del primo disco. I Coma_cose non ripropongono la formula del successo: giochi di parole e la presenza imprescindibile di Milano: «Cerchiamo nuove frontiere nella scrittura e nel suono: qui volevamo essere più diretti», spiega lei.
«Abbiamo inventato un modo di giocare con il linguaggio, spinti dalla fame di farsi conoscere e riconoscere. Poi, come accade nella vita, i gusti cambiano e per noi quella è un’epoca finita. Non abbiamo abbandonato del tutto Milano, però: l’astronave fascista di “Guerre fredde” è la stazione Centrale».