«Mole enorme di contagi Ora i laboratori italiani uniscano i loro sforzi»
Clementi, il virologo che ha isolato i ceppi milanesi
Professore, che cosa possiamo aspettarci?
«Per capire quello che succederà a Milano è molto utile ricostruire la storia dei focolai lombardi, nel Lodigiano, a Bergamo e Brescia. Con la differenza che, nel caso dell’area metropolitana, parliamo di oltre tre milioni di persone». Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all’ospedale San Raffaele e professore all’università Vita-salute San
Raffaele, è tra coloro che hanno isolato i ceppi «milanesi» di Sars-cov-2. «Ho proposto agli altri centri italiani che hanno isolato il patogeno, come i reparti di Malattie Infettive dell’ospedale Sacco di Milano, Virologia di Brescia e Ancona, di unire le forze: confrontare i dati sarebbe molto utile per la comprensione di quanto sta accadendo».
Perché la situazione è così drammatica in Lombardia?
«Ricordiamo che c’è un gap di 7-10 giorni tra contagio e manifestazione dei sintomi, quindi è possibile che si vedano ancora gli effetti dei giorni precedenti alla chiusura della regione, il 9 marzo».
d Forse in Germania le vaccinazioni agli over 60 contro lo pneumococco hanno protetto gli anziani
Il numero di decessi è impressionante.
«Sì, ma questo dipende dal fatto che la mole di contagi è enorme. In Lombardia non è possibile calcolare il tasso di letalità perché ci manca il denominatore, non sappiamo quanti sono i soggetti positivi.
Questo virus ha una capacità di diffusione elevatissima perché sfrutta il recettore ACE2 presente nelle cellule dell’apparato respiratorio. Aggiungo che sarà necessario analizzare approfonditamente tutti i decessi per stabilire quali e quanti dipendono davvero da Sars-cov-2 come causa principale. Il fatto che in Germania la letalità sia più bassa mi fa pensare che venga usato un sistema diverso di classificazione. Inoltre il governo tedesco ha fatto una campagna per vaccinare tutti gli over 60 contro lo pneumococco, questo potrebbe aver protetto maggiormente la popolazione anziana».
Che cosa succede a chi si ammala di Covid-19?
«L’80 per cento dei pazienti ha sintomi lievi, l’altro 20 per cento sviluppa una patologia. Il 5 per cento ha una forma particolare: dopo alcuni giorni con sintomi simil-influenzali ha un aggravamento improvviso accompagnato da tempesta infiammatoria del tessuto polmonare i cui motivi non sono ancora completamente chiari. Chi ha patologie pregresse è più a rischio».
Quando torneremo a una sorta di normalità?
«L’epidemia si è diffusa da Est a Ovest — Cina, Iran, Europa, Stati Uniti —, ma non da Nord a Sud. I casi in Africa, Sud America e Australia sono di importazione. Questo ci fa sperare che Sars-cov-2, come Sars, risenta del caldo e che l’estate porti a un miglioramento. Naturalmente bisogna anche andare avanti con le misure messe in atto».
A Milano bisogna chiudere tutto, fermare i trasporti?
«No, terrei aperti i supermercati 24 ore su 24, per evitare assembramenti. E ritengo che i mezzi pubblici debbano circolare, per esempio per permettere al personale sanitario di raggiungere gli ospedali».