La Lombardia anticipa le misure Corsa per spingere il governo
L’ordinanza della Regione a un mese dal primo allarme Il sindaco Sala si appella ai cittadini: resistete L’assessore Gallera: da lunedì possibili meno contagi
MILANO Era nell’aria da tempo. Il giro di vite impresso al quarto sabato di allarme virus in Lombardia non è nato ieri. Ma, certo, i numeri del bollettino di guerra quotidiano hanno squarciato anche l’ultimo argine di remore, scrupoli, dubbi e resistenze. E «la lista» di misure che finora aveva fatto parte dell’ininterrotta dialettica col governo è diventata un’ordinanza regionale. Il modello cinese, il metodo Wuhan, che il presidente della Lombardia Attilio Fontana invocava da settimane adesso porta la sua stessa firma. Ma il governatore non è solo, con lui ci sono innanzitutto i medici e poi anche sindaci, sindacati e tutti coloro che leggono nei numeri — niente affatto freddi — di questa epidemia un’emergenza epocale.
A spazzare via qualsiasi perplessità residua è arrivato il bilancio di giornata dal fronte del virus: dati preoccupanti per quanto riguarda Milano città, cioè la potenziale polveriera dell’epidemia, in linea con la «forte crescita» di tutta la regione (25.515 positivi, 3.251 in più rispetto a venerdì), tranne che nel Lodigiano, cioè la prima «zona rossa» d’italia. Nell’area metropolitana milanese i pazienti positivi sono diventati 4.672, e in città 1.829. Quindi in provincia i contagi accelerano (+868, rispetto al +526 di venerdì) e a Milano l’incremento è di 279 malati. «Confido che i numeri fra domani e lunedì inizino a ridursi — commenta l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera —. Ci avevano detto che i giorni più duri sarebbero stati sabato e domenica, ossia il tredicesimo e il quattordicesimo giorno dall’introduzione delle misure di contenimento». Insomma, c’è la speranza di vedere a breve una luce in fondo al tunnel: «Da lunedì in poi dovrebbe essere il momento di riduzione dei contagi», ha rassicurato Gallera.
Ma intanto la Regione decide di agire in proprio: «La situazione non migliora anzi, continua a peggiorare», dice il presidente Fontana nel presentare il nuovo pacchetto di restrizioni alla vita di dieci milioni di persone nel cuore d’europa. Un nodo riguarda le attività produttive: già dal mattino il suo vice, Fabrizio Sala, aveva sottolineato che soltanto «il 25-30 per cento delle aziende ha chiuso». Quindi la maggioranza ha continuato a produrre, muovendo persone e mettendole a contatto tra loro alla faccia della strategia sanitaria. Non è un caso, infatti, se nel presentare il nuovo provvedimento, Fontana fa sapere chi aver ricevuto dalle associazioni di impresa l’impegno alla chiusura delle produzioni che non fanno parte delle filiere essenziali.
Ma intanto a Milano l’imperativo è «resistere». Il sindaco Beppe Sala prende a prestito le parole pronunciate dall’allora procuratore capo Saverio Borrelli a difesa dell’indipendenza dei giudici: Resistere, resistere, resistere». La «linea del Piave» è la battaglia di Milano contro il contagio da coronavirus. «Oggi siamo chiamati a resistere — dice il sindaco nel suo consueto video ai milanesi —, perché Milano non è ancora stata toccata dalla diffusione del virus come altre città lombarde e non lo può essere, per la nostra salute, per i nostri cari, ma anche perché immaginate il crollo di una città da 1 milione e 400 mila abitanti cosa produrrebbe sul sistema sanitario. Sarebbe un disastro». Sala chiama i cittadini alla «responsabilità», ringrazia chi fa il proprio dovere restando a casa, punta il dito contro il comportamento «inaccettabile» di chi mette a rischio la propria vita e quella degli altri. «Lo dico perché parlo ogni giorno con i sindaci di Bergamo e Brescia e mi descrivono il dramma della loro città. Se il virus sfondasse a Milano nello stesso modo sarebbe un disastro. Per questo Milano deve resistere».