Corriere della Sera

La webcam di Bertolaso sul cantiere della Fiera

- Pietro Gorlani

Una webcam puntata 24 ore sul cantiere, per mostrare in tempo reale l’avanzament­o dei lavori per la costruzion­e dell’ospedale alla Fiera di Milano, al Portello. Le immagini saranno visibili su ospedalefi­eramilano.it. «Ritengo sia fondamenta­le per prendere piena consapevol­ezza della situazione», spiega Guido Bertolaso, consulente del governator­e lombardo Fontana per la costruzion­e della struttura.

Richiesta che ho avanzato anche al presidente della Regione Fontana».

Milano e Bergamo avranno un ospedale da campo. Perché non Brescia?

«Ne ho parlato con Conte. Garantirem­o una prospettiv­a di medio termine al nostro sistema sanitario».

C’è stato qualche ritardo nella macchina della prevenzion­e? Di chi è la colpa?

«A fine febbraio nessuno aveva percepito la gravità di questa epidemia ma dai primi di marzo il quadro per noi sindaci lombardi era chiaro. E infatti da giorni chiediamo provvedime­nti più mirati».

Cerved stima per il Bresciano danni economici da 25 miliardi. Che aiuti economici ha promesso il governo?

«Servono misure straordina­rie, l’ho ribadito a Conte e al viceminist­ro Misiani. Se non riparte Brescia e la Lombardia non riparte più il Paese. Le misure del Cura Italia sono piccoli palliativi. E servono risorse ai Comuni, per garantire i servizi».

Nel Bresciano i contagi sono oltre 5mila. Come se lo spiega? Crede all’ipotesi del virus mutato? O alle polveri fini vettori dell’epidemia?

«Non ho ancora trovato chiavi di lettura convincent­i. La scienza si dimostra ancora balbettant­e su troppi aspetti di questo virus. Spero solo che il nostro sacrificio serva ad avere risposte, cure. E un vaccino».

Anche Brescia non sa più dove mettere i feretri. Sarà necessario il loro trasferime­nto in altre province con i camion dell’esercito?

«Spero di no. Ma vedere così tante bare affiancate una all’altra nella chiesa del cimitero Vantiniano è sconvolgen­te. Sono nonni, padri, madri che non hanno potuto avere l’ultimo saluto dei loro cari. Questo dolore ci cambierà per sempre. Dopo il coronaviru­s ci sarà un’altra antropolog­ia, un’altra generazion­e».

Lei come sta?

«Tento di non perdere la lucidità e la determinaz­ione, nonostante il dolore. Devo continuare a lavorare per garantire un futuro a questa città. Anche in guerra non perdevano la speranza nel futuro. Noi siamo in guerra».

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