«Per i test sui farmaci già reclutati 330 pazienti Entro un mese i risultati»
Il direttore dell’aifa Magrini: la cura per l’artrite può essere efficace contro le polmoniti da Covid-19 Sperimentazioni anche sull’antivirale usato per Ebola
«Entro un mese sapremo se uno dei farmaci candidati al trattamento della Covid funziona. L’obiettivo è dare risposte rapide e affidabili ai pazienti già in ospedale e a quelli che, purtroppo, arriveranno. Noi puntiamo su terapie d’impatto, capaci di cambiare il decorso della malattia e aumentare la sopravvivenza». Nicola Magrini, farmacologo clinico, bolognese, direttore dell’agenzia italiana del farmaco nominato dal ministro Speranza, ha preso servizio il 2 marzo in piena emergenza coronavirus.
Il farmaco per l’artrite reumatoide utilizzato nei malati con polmonite può essere una risposta?
«Abbiamo avuto un’adesione spettacolare alla sperimentazione del Tocilizumab, un anticorpo monoclonale che potrebbe essere efficace nel contrastare l’infiammazione alla base delle gravi polmoniti causa di morte nei pazienti più seri. Dopo affermazioni forse ottimistiche e certamente premature sul successo della terapia in pochissimi malati, siamo stati subissati da richieste per l’uso del farmaco, già approvato per altre indicazioni, principalmente l’artrite reumatoide, che aveva bisogno di studi clinici rigorosi per confermarne o meno l’efficacia. Ecco perché si è deciso di partire con un unico studio nazionale coordinato da Aifa»
A che punto siete?
«Ci ha sorpresi che i 330 pazienti indicati dal protocollo, siano stati reclutati in meno di 24 ore, un record, attraverso una piattaforma informatica gestita in modo indipendente dal professor Francesco Perrone presso l’istituto tumori di Napoli. Oltre 150 gli ospedali partecipanti. Non si era mai vista una risposta così rapida, l’urgenza di trovare una cura ha annullato i personalismi».
Quanto tempo richiede lo studio?
«È uno studio finalizzato a provare l’efficacia. In 3-4 settimane ci sarà l’analisi dei dati e si potrà verificare l’impatto della terapia in termini di aumento della sopravvivenza. Se i risultati fossero molto incoraggianti potremmo avere risposte ancora prima. Ci aspettiamo indicazioni aggiuntive da un secondo studio osservazionale condotto parallelamente su circa 600 pazienti già trattati con Tocilizumab».
I malati fuori sperimentazione saranno privati del farmaco e avranno minori opportunità di cura?
«No, l’etica viene prima di tutto. I malati che non rientrano nei protocolli di ricerca verranno curati esattamente come quelli sottoposti alla sperimentazione e riceveranno le cure migliori».
Molte speranze sono poi riposte su Remdesivir, antivirale studiato per Ebola.
«È stato approvato ormai 10 giorni fa uno studio sperimentale richiesto dall’azienda produttrice condotto in più centri. Bisogna capire quanto e se questo antivirale aggiunge miglioramenti rispetto alle normali terapie di supporto che si ricevono in terapia intensiva dove siamo tra i primi al mondo».
C’è carenza di farmaci?
«Non c’è stato un reale problema per i più importanti, come ossigeno e insulina, mentre si sono avute carenze, poi rimediate, su alcuni importanti anestetici. Abbiamo risolto con importazioni da altri Paesi e la costante attenzione da parte dell’unità di crisi creata da Aifa».
L’europa ha funzionato?
«La pandemia ha dimostrato di travalicare i confini. L’autonomia della sanità degli Stati europei si è dimostrata perdente e occorre cambiare le regole per avere una Ue più forte in tema di salute pubblica. I singoli Paesi hanno reagito in modi e tempi differenti, forse troppo. Sui farmaci ci sono state a mio avviso chiusure e egoismi. Occorre una riflessione. I nostri contatti con l’agenzia europea sono costanti ma non basta».
Perché la pandemia è stata così grave in Italia?
«Ci ha colti di sorpresa, ma la reazione è stata potente e intelligente. L’italia ha adottato misure più giuste nei tempi più rapidi. Purtroppo quando un nuovo virus compare a causa di un salto di specie, dal pipistrello a un mammifero intermedio all’uomo, siamo impreparati e infatti si ammalano medici e operatori sanitari».
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In Europa l’autonomia degli Stati membri in tema di Sanità si è dimostrata perdente I Paesi hanno reagito in modi e tempi differenti, con chiusure ed egoismi