Ancora bombe di Haftar su Tripoli Italia e Onu: «Tregua umanitaria»
Il generale riprende l’offensiva contro la capitale mentre Sarraj si ferma per affrontare la pandemia
L’italia, gli Stati Uniti e l’onu cercano di bloccare l’attacco di Khalifa Haftar contro Tripoli. Approfittando dell’incertezza e la paura collettive nella regione della capitale svuotata dal coprifuoco, l’uomo forte della Cirenaica intensifica i bombardamenti e cerca di dare la spallata finale. Per la prima volta dall’inizio dell’offensiva lanciata il 4 aprile 2019, i suoi razzi hanno colpito nel cuore dell’agglomerato medievale della città vecchia, ferendo almeno due donne e danneggiando sette abitazioni.
Nei giorni scorsi la missione dell’onu in Libia aveva denunciato l’uccisione di quattro ragazze di età compresa tra i 14 e 20 anni, oltre al ferimento di altre cinque persone nel quartiere di Ain Zara, posto nelle zone meridionali della capitale, dove da diversi
Il bilancio
Colpito il centro storico della capitale libica: due donne ferite e diverse case distrutte
mesi ormai si combatte tra le colonne avanzate di Haftar e la pletora di milizie schiarate in difesa del Governo di accordo nazionale del premier Fayez Sarraj. I media tripolini mostrano le immagini di una ventina di soldati nemici uccisi nelle ultime ore.
Ma è stato proprio il degenerare dei combattimenti a spingere la comunità internazionale a cercare di porre un freno ai blitz voluti da Haftar. Già nei giorni scorsi l’onu aveva chiesto una «tregua umanitaria» per contrastare la minaccia del coronavirus in modo unitario in tutto il Paese. A questa aveva subito aderito Sarraj, dicendosi disponibile al cessate il fuoco. L’altra notte l’ambasciata italiana a Tripoli ha preso nettamente posizione in favore della tregua. In una nota fatta pubblicare sul profilo Twitter della sede diplomatica italiana dallo stesso ambasciatore Giuseppe
Buccino, che negli ultimi giorni ha tenuto intense consultazioni con i massimi dirigenti libici, viene «rinnovata» ad Haftar «la richiesta di accogliere in maniera costruttiva l’appello per la cessazione delle ostilità». Vi si aggiunge inoltre la «ferma condanna» dei bombardamenti sui quartieri residenziali di Tripoli nella speranza che si possa presto giungere al «cessate il fuoco definitivo» e alla ripresa del dialogo politico tra Tripolitania e Cirenaica. In questo senso si è poi mossa anche la diplomazia americana. Il Dipartimento di Stato da Washington ha reso noto ieri un comunicato in cui invita Haftar ad uniformarsi alle posizioni assunte da Sarraj contro le «tossiche» interferenze straniere e «per permettere alle autorità locali di rispondere alla minaccia senza precedenti posta alla salute pubblica dal Covid-19».
Al momento sia Tripoli che Bengasi negano siano stati registrati casi di malati positivi. A misura precauzionale sono stati imposti coprifuoco notturni da parte delle due autorità avversarie e sono stati chiusi sia i confini terresti che porti ed aeroporti. Uno dei più noti portavoce di Haftar, il generale Ahmad Mismari, si è messo in quarantena volontaria dopo un recente viaggio al Cairo.
Ma i giornalisti libici notano che comunque gli ospedali locali non sono affatto attrezzati per effettuare analisi, organizzare i tamponi per la rilevazione del virus, o tanto meno curare gli eventuali malati. «In verità viviamo nella paura. Nessuno è in grado di capire se la pandemia è giunta anche da noi e comunque non si potrebbe guarire. In passato ci curavamo all’estero, specie negli ospedali di Tunisi o del Cairo, ora siamo isolati», spiegano da Tripoli. Le strade vuote e i negozi deserti nelle grandi città del Paese testimoniano il senso di impotenza collettivo.