Agnelli: i prestiti per il sostegno dei «piccoli»? Li deve erogare lo Stato
«Siamo in guerra e qui continuano i bombardamenti. Perciò l’economia italiana ha bisogno di un Piano Marshall: liquidità e investimenti, solo così si riparte». L’industriale bergamasco Paolo Agnelli, presidente del Gruppo Agnelli azienda leader dell’alluminio, è anche presidente di Confimi Industria, l’associazione che raccoglie 40mila piccole e medie imprese del manifatturiero e dei servizi, 500mila lavoratori per un fatturato aggregato di 87 miliardi. «Non siamo la serie B», dice Agnelli che infatti dal governo si aspettava di più. La sua associazione aveva chiesto fin da subito la chiusura totale delle aziende, «non siamo stati ascoltati». Però l’emergenza si aggrava e da domani le imprese di Confimi, dietro richiesta della Regione Lombardia, saranno invitate a chiudere gli stabilimenti, per chi non lo ha ancora fatto. Il Gruppo Agnelli li ha chiusi tutti tranne quello che realizza profilati di alluminio per uso sanitario. «Per ripartire subito — dice l’imprenditore — c’è un’urgenza assoluta di liquidità e invece il governo con il Curaitalia affida ancora una volta i mutui alle banche: è sbagliato, deve essere lo Stato a garantire e ad erogare i prestiti per creare un meccanismo veloce, automatico. Bisogna fare presto». E poi c’è la questione della riduzione dell’iva solo per i fatturati fino a 2 milioni di euro: «Troppo poco, perché parliamo di artigiani non di imprenditori, e comunque far slittare l’iva di qualche giorno non serve, chi può pagarla tra un mese?». Meglio allora, «spostarla in autunno e aiutare le aziende a rimettersi in piedi». Ma Agnelli è stato anche il capofila dell’iniziativa «F24 Io pago» che invitava a rispettare la scadenza del 16 marzo per tutti coloro che potevano pagare: «Mi sembrava giusto e tutti ci hanno dato l’ok». Per il futuro teme «un bagno di sangue» e dice: «Lo stop al patto di stabilità è l’occasione per far partire un grande piano di investimenti, ma prendiamo esempio dal Ponte di Genova, stop alla burocrazia e rifacciamo l’italia».