Negozi e uffici chiusi, la stretta di Rimini
Blocco delle attività produttive e commerciali, ulteriori misure restrittive per limitare la mobilità delle persone rispetto a quanto già stabilito con il decreto firmato da Giuseppe Conte lo scorso 9 marzo. I provvedimenti sono contenuti in un’ordinanza firmata venerdì sera dal governatore della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini e in vigore fino al 3 aprile, in seguito alle richieste dei sindaci del territorio e di Ausl Romagna, allarmata per la situazione sanitaria all’interno dell’ospedale Infermi di Rimini e degli altri presidii del territorio per l’alto numero di casi accertati (826) di coronavirus. Da domani molte delle aziende e delle attività commerciali della Provincia romagnola resteranno chiuse, ad eccezione di quelle che producono beni di prima necessità (settore farmaceutico e alimentare, produzione agricola e allevamenti, carburanti, mangimi per animali e ottici). Chiuse anche tabaccherie (ma non i distributori automatici), uffici postali e banche. Sul fronte industriale, alcune imprese che hanno necessità di smaltire i prodotti in giacenza nei magazzini potranno usufruire di una deroga a patto di rispettare severe misure anticontagio. Intanto le strade cittadine del capoluogo e degli altri comuni sono sempre più deserte. Preoccupa il numero dei contagi, più alto e di molto anche rispetto alla somma dei casi accertati nelle restanti due province romagnole di Forlì Cesena e Ravenna. E a preoccupare è anche la vicinanza con la provincia di Pesaro, dove i casi accertati sono più di mille. Anche per questo molti sindaci del distretto sud della provincia — il più colpito — avevano chiesto di blindare i confini con l’istituzione di una vera e propria «zona rossa». Ipotesi respinta dal governo. Intanto, da ieri sono stati intensificati anche i controlli delle forze dell’ordine, sono state chiuse spiagge e lungomari e saranno interdette al traffico molte strade secondarie.