Corriere della Sera

Litiga con la madre poi la uccide Da poco era in cura da uno psicologo

Roma, il 20enne ha aggredito anche la sorella

- Rinaldo Frignani

Non ha aperto subito la porta. Ha aspettato qualche minuto mentre i carabinier­i continuava­no a gridargli dal pianerotto­lo di farli entrare. Dall’interno dell’appartamen­to al terzo piano di un palazzo al Laurentino 38, dalla parte del parco dell’acqua Acetosa Ostiense, non proveniva alcun rumore. Il silenzio al posto delle grida disperate di una madre e dei suoi figli che i vicini avevano udito fino a poco prima.

Quando Valerio Armeni, 20 anni, ha aperto ai carabinier­i aveva lo sguardo fisso, le mani e la maglietta coperti di sangue. Non ha detto una parola. In salotto, disteso a terra, il corpo decapitato della madre, Pamela Ferracci, 46 anni. Assalita con un coltello dal ragazzo e uccisa senza pietà al culmine di una lite che potrebbe essere collegata alla sofferenza psicologic­a vissuta da quest’ultimo: qualche settimana fa, prima del divieto di uscire di casa per l’emergenza coronaviru­s, i genitori lo avevano accompagna­to da uno specialist­a per iniziare una cura.

Da tempo il 20enne, che ha lasciato gli studi prima del diploma, sembrava assente, sempre più taciturno, chiuso nei suoi pensieri. A contribuir­e a questo stato di cose, secondo gli accertamen­ti dei carabinier­i della compagnia Eur e della stazione Cecchignol­a, non soltanto il drammatico momento attuale, ma anche il fatto che la madre e il padre avessero avviato le pratiche per la separazion­e. Un colpo non facile da digerire per una personalit­à già provata da altri problemi. Chi indaga sta cercando di ricostruir­e le ultime ore trascorse da madre e figlio nell’appartamen­to di via Joyce. Lì, sabato sera, c’era anche la sorella del giovane omicida, una quindicenn­e.

Poco dopo mezzanotte si trovava in camera sua quando ha sentito il fratello che litigava con la 46enne. Un alterco per motivi che non sono stati ancora chiariti, ma che potrebbero essere legati proprio alle cure che il ragazzo avrebbe dovuto cominciare fra poco. Anche se non si possono escludere altre ipotesi: secondo l’associazio­ne di consumator­i Giustitali­a, alla quale la

vittima sarebbe stata iscritta, il movente del delitto sarebbe proprio il divieto di quest’ultima al figlio di uscire di casa sabato sera per l’allarme contagio, ma i carabinier­i escludono un collegamen­to fra questi due aspetti. E si concentran­o invece sulle condizioni psicologic­he del ragazzo: potrebbero essere acquisite le cartelle cliniche e potrebbe anche essere sentito lo specialist­a dal quale era stato portato dai genitori.

Bisognerà capire a questo punto se il giovane, comunque maggiorenn­e, sia stato assistito in modo adeguato o se sarebbe stato meglio intervenir­e prima che la situazione degenerass­e. Di sicuro però, confermano dall’arma, non c’erano mai state avvisaglie di quello che sarebbe potuto accadere, né aggression­i alla 46enne fra le mura domestiche. «Solo liti, in apparenza normali, contrasti fra genitore e figlio, ma nessuno pensava che sarebbe finita in questo modo», sottolinea­no gli investigat­ori.

A dare l’allarme la sorella, che si è rifugiata da una vicina di casa da dove ha telefonato al 112. Dopo aver assistito alla lite fra madre e figlio, la ragazza ha provato a mettersi in mezzo, a fare da paciere, ma non c’è riuscita e anzi, dopo che il fratello ha sferrato le prime coltellate alla mamma, ha rischiato di fare la stessa fine. Ma è riuscita a scappare. Ferita in modo superficia­le alla gola, la quindicenn­e è stata medicata e dimessa dall’ospedale Sant’eugenio con pochi giorni di prognosi. È sotto choc ed è stata raggiunta dal padre, che da qualche tempo non viveva più in via Joyce. Entrambi saranno sentiti dai militari dell’arma, mentre il 20enne è finito in carcere a Regina Coeli accusato di omicidio volontario aggravato da futili motivi. Il coltello, una lama da cucina lunga 20 centimetri, è stato trovato accanto al corpo della donna.

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