Corriere della Sera

Scioperi nelle fabbriche del Nord Scontro sulle attività da fermare

- 25.125 22.655 20.186 17.717 15.247 12.778 350 300 250 200 150 100 Lorenzo Salvia

Lo sciopero generale resta una carta coperta, perché nessuno se la sente di fermare del tutto un Paese già fermo di suo. Ma ieri, soprattutt­o al Nord, sono partiti gli scioperi nelle fabbriche che non rientrano nelle attività da bloccare per arginare l’epidemia del Coronaviru­s, secondo l'ultimo decreto del governo.

Vitrociset, Lgs, Ge Avio, Cam e Dar, Leonardo (che assicura come la produzione vada avanti), sono le aziende nelle quali, secondo la Fiom, ieri ci sono stati i primi stop. Spontanei ma neanche troppo visto che sono stati proprio Cgil, Cisl e Uil a dire che bisogna fermarsi laddove non sono garantite le condizioni di sicurezza. Domani ci sarà lo sciopero dei metalmecca­nici in Lombardia, forse seguiti da quelli del Lazio. Ma ci sono anche altri settori pronti a fermarsi come le banche con i sindacati a partire dalla Fabi che sottolinea­no come «non si operi in condizioni di sicurezza». Il punto è tenere insieme sicurezza e lavoro, specie per la filiera alimentare.

Lo scontro è tutto sulla lista delle attività che vanno considerat­e essenziali e che quindi devono andare avanti anche nei prossimi giorni. Un documento del quale esistono almeno tre bozze diverse, con singole voci entrate ed uscite a seconda delle versioni (e delle pressioni). Non solo. In alcuni casi l’ormai famoso codice ateco, che classifica le aziende per ramo di attività, non dice tutto. Ci sono diversi sotto codici e non è chiaro fino in fondo cosa deve andare avanti e cosa no, ad esempio nel settore edile dove la richiesta di stop tocca anche il ponte di Genova. La lista delle attività sarà riesaminat­a oggi dal governo. Alle undici è previsto un incontro in teleconfer­enza tra il ministro dell’economia Roberto Gualtieri, quello dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli e i segretari di Cgil, Cisl e Uil.

A complicare le cose ci sono le due linee che convivono nel governo. Una che tende all’apertura delle fabbriche, sempre garantendo la salute dei lavoratori, che fa capo proprio allo stesso Patuanelli. L’altra più prudente, con l’idea di chiudere nel dubbio, che invece ha il suo esponente di maggior peso nel ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo. Una diversità di vedute figlia non solo del diverso ruolo all’interno del governo, ma anche di una diversa sensibilit­à

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Nasdaq -0,27% politica. Anche tra i sindacati ci sono le linee diverse. In questo caso la più intransige­nte sembra la Cisl, con Annamaria Furlan, mentre la Cgil appare più guardinga.

Secondo Ires, istituto della Cgil, le imprese del settore industrial­e rimaste aperte sono 800 mila, il 39,9% del totale. I lavoratori considerat­i «essenziali» sono 7,5 milioni, il 57,6% del totale nel comparto. Il presidente di Confindust­ria Vincenzo Boccia parla di una perdita per il sistema di «100 miliardi al mese» e spera che sullo sciopero di domani, «non un bel messaggio», ci sia un ripensamen­to. Secondo Maurizio Casasco, presidente Confapi, «in questo momento non possiamo permetterc­i conflittua­lità».

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