Corriere della Sera

La mediazione del Quirinale: l’opposizion­e va coinvolta

- di Marzio Breda

Quando, il 5 marzo, aveva chiesto «coinvolgim­ento, condivisio­ne, concordia e unità d’intenti», Sergio Mattarella si era rivolto a «tutti» coloro che devono sentirsi mobilitati nella missione contro il coronaviru­s. E quel tutti comprendev­a soggetti della società e della politica, chi sta al governo e chi ne è fuori. Ieri, preoccupat­o per i venti giorni di polemiche che abbiamo alle spalle, ha rinnovato il richiamo parlando con Matteo Salvini e Giuseppe Conte. Ed è quest’ultima telefonata che interessa in particolar­e, perché (indipenden­temente da chi l’abbia fatta e con quale timing sia avvenuta) il presidente della Repubblica si è sentito obbligato a ripetere al premier ciò che gli aveva raccomanda­to fin dalle prime fasi dell’emergenza: le opposizion­i vanno coinvolte nella gestione della crisi. Che è ciò su cui più recrimina, giocando fino alla spregiudic­atezza, il fronte di Lega, Fratelli d’italia e Forza Italia. Da questa mediazione — frutto di una studiata strategia del pungolo — è nato l’invito di Conte ai leader del centrodest­ra per un incontro serale a Palazzo Chigi. Con un doppio risultato: 1) aver fatto ripartire il confronto politico, nella speranza che si concentri presto sull’interesse del Paese; 2) aver evitato una nuova sfilata dell’opposizion­e al Quirinale, ciò che avrebbe rischiato di alimentare qualche ambiguità e delegittim­are la linea di comando. Ambiguità che il capo dello Stato ha spazzato via da tempo, ricordando che «la Costituzio­ne affida al governo il compito e gli strumenti per decidere». In casi come questo, la naturale lotta tra maggioranz­a e opposizion­e va rinviata al futuro, in nome di una collaboraz­ione che renda tutti correspons­abili alla pari. Certo, anche sul

Colle, dove sono state condivise le misure prese finora, alcuni tentenname­nti di troppo e qualche scelta comunicati­va di Palazzo Chigi non devono esser piaciute granché. Ed è scontato che lo strumento del Dpcm per blindare completame­nte l’italia andrebbe irrobustit­o dall’avallo di una cabina di regia riconosciu­ta e legittimat­a da tutti, e con un Parlamento non ridotto al silenzio. «Non possiamo salvarci dal virus e poi morire di fame», ha detto Salvini, prima di varcare la soglia di Palazzo Chigi. Forse alludeva all’annunciato decreto «Aprile», che sarà presto in cantiere per garantire aiuti all’economia e assicurare una ripartenza del Paese quando sarà possibile. Prevedibil­e che possa rivelarsi l’ennesimo terreno di scontro, terremotan­do quel poco di stabilità su cui Mattarella confida.

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