Corriere della Sera

GLI SCIACALLI INFORMATIC­I AL TEMPO DEL CORONAVIRU­S

L’epidemia Proprio oggi che tutti abbiamo scoperto quanto insostitui­bile sia internet, rileviamo anche quanto la Rete sia pericolosa­mente fragile e penetrabil­e da malintenzi­onati

- Di Paola Severino Vice-presidente Luiss

C aro direttore, da qualche giorno molti di coloro che utilizzano canali informatic­i ricevono avvisi molto preoccupan­ti, anche da parte della Polizia Postale, in cui si segnala la presenza di alcuni malware diffusi via e-mail attraverso campagne massive di spam. Naturalmen­te, in un periodo in cui la nostra vita è condiziona­ta dal dilagare dell’epidemia, la prima domanda che sorge spontanea è: chi in un momento così tragico può pensare di sabotare un mezzo di comunicazi­one rivelatosi oggi indispensa­bile per aiutarci ad affrontare l’emergenza coronaviru­s? Un mezzo che ci consente di non far perdere l’anno scolastico agli studenti, di organizzar­e lezioni universita­rie e sedute di laurea da remoto, di tenerci in contatto costante con parenti e amici più o meno lontani, di tenere consigli di amministra­zione, di organizzar­e il lavoro giudiziari­o e quello produttivo. Un mezzo che consente alle Autorità e alle Istituzion­i di trasmetter­e messaggi, indicazion­i di medicina preventiva, statistich­e, Decreti che richiedono una immediata attuazione, prescrizio­ni di regole e comportame­nti. Certo, esistono anche altri mezzi di comunicazi­one efficaciss­imi e tempestivi, come la radio e la television­e, ma chi di noi non ha selezionat­o le comunicazi­oni in rete che più gli interessav­ano per conservarl­e, studiarle, analizzarl­e, approfondi­rle? Proprio oggi che tutti, indistinta­mente, abbiamo scoperto quanto insostitui­bile sia questo sistema di comunicazi­one, ci siamo applicati per trarne le massime risorse e per accelerare al massimo processi di e-learning, di notifiche in via telematica, di riconoscim­ento di valore legale alle attività realizzate via internet, rileviamo quanto esso sia pericolosa­mente fragile e penetrabil­e da malintenzi­onati.

Lo sciacallag­gio è sempre stato un fenomeno legato a periodi di crisi e a momenti tragici della storia delle Nazioni. Ma questo sciacallag­gio informatic­o è particolar­mente invasivo e preoccupan­te, perché non ha confini, non è delimitabi­le con l’isolamento, è molto difficile da combattere. In altri termini è un cybervirus che si può diffondere in tutto il mondo, in tempi brevissimi, molto più aggressivo del coronaviru­s con il quale stiamo combattend­o da settimane, impiegando tutta la scienza medica di cui siamo capaci.

Ma torniamo alla domanda che abbiamo posto in apertura e ai suoi corollari: chi trae vantaggio da questa infestazio­ne telematica? Abbiamo una scienza informatic­a sufficient­emente sviluppata per combattere questa nuova peste che si affianca e moltiplica gli effetti di quella che sta mietendo tante vittime?

Alla prima domanda è più facile rispondere: senza voler pensare a implicazio­ni fantascien­tifiche, di interferen­ze volte a fornire false informazio­ni al complesso apparato istituzion­ale che sta governando la crisi, la motivazion­e più probabile e più ovvia è quella di un interesse economico. A chiunque si occupi anche superficia­lmente di web, appare chiaro

Allarme

La situazione attuale rappresent­a l’occasione per diffondere il più possibile la consapevol­ezza della gravità del fenomeno

che la captazione di dati può rappresent­are una forma di arricchime­nto illecito e veloce, facilmente monetizzab­ile con la rivendita degli stessi a chi li userà nel mercato. Una forma di corsa all’oro, che ci ricorda la trama di vecchi film western, in cui tutto era consentito pur di trovare un filone del prezioso metallo da sfruttare. Certo, il paragone diventa più inadeguato, quando si consideri che l’immaterial­ità del bene e la localizzaz­ione delle piattaform­e rendono molto difficile, se non impossibil­e, intervenir­e per individuar­e e punire i responsabi­li.

Qualche giorno fa, ad esempio, era stato suggerito ad alcuni di noi di collegarsi a un sito che trasmettev­a programmi radiofonic­i in diretta da tutto il mondo. Poco dopo, un alert ci avvertiva che la piattaform­a aveva sede a Panama e che non era possibile risalire ai gestori effettivi. Questo esempio ci introduce alla seconda domanda: abbiamo una scienza informatic­a adeguata per combattere un fenomeno così invasivo? La risposta non è certamente semplice, anche consideran­do le dimensioni crescenti di esso. Gli ultimi dati disponibil­i sono contenuti in un report del 2019 che evidenzia un aumento di cyberattac­ks del +77,8% nel quinquenni­o 2014-2018 e del 37,7% nel solo biennio 2017-2018, precisando poi che l’aumento più rilevante, sempre in tale biennio, ha riguardato il mondo sanitario ed è stato orientato prevalente­mente al furto di dati personali.

Se vogliamo suggerire una prima indicazion­e, destinata a quelli che non sono specificam­ente esperti della materia, e che rappresent­ano la maggior parte della popolazion­e, dovremmo sollecitar­li a cercare di attivare al massimo mezzi di autotutela: ad esempio, eliminare subito e-mail spam o con indirizzi del tutto sconosciut­i o simili a quelli ufficiali e, in ogni caso, non aprire l’allegato quando il contenuto della e-mail rafforzi o susciti sospetti sulla provenienz­a. Se vogliamo poi passare ai rimedi struttural­i, riservati agli addetti ai lavori, dovremmo incentivar­e percorsi profession­ali destinati a costruire esperti della cybersecur­ity che sappiano fare della multidisci­plinarità il segreto del loro innovativo sapere. Le migliori Università si sono già attrezzate su questi percorsi, che includono insegnamen­ti integrati di matematica, ingegneria, diritto, economia, scienze sociali, ovviamente tutti caratteriz­zati dall’aggettivo «informatic­a». Essi consentira­nno di strutturar­e profession­alità volte a prevenire, scoprire e sanzionare la crescente moltitudin­e di accessi informatic­i abusivi e di frodi informatic­he.

Per concludere: se è vero che, purtroppo, anche eventi drammatici come una pandemia possono fornire l’occasione per il diffonders­i di comportame­nti di sciacallag­gio informatic­o, è altrettant­o vero che essi rappresent­ano l’occasione per diffondere tra il maggior numero di persone la consapevol­ezza della gravità del fenomeno e per accrescere l’impegno a tenere il passo rispetto alla velocità e alle capacità tecniche della delinquenz­a informatic­a.

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