Takis, l’acceleratore per i vaccini genetici che combatte l’emergenza
«Nel nostro lavoro di sperimentazione sul vaccino anti Covid-19 impieghiamo tutta l’esperienza accumulata nella immunoterapia anticancro». Luigi Aurisicchio è fondatore e ceo di Takis, società di biotech che si dedica da anni alla ricerca ed è specializzata nei vaccini di tipo genetico: si tratta della medicina personalizzata, diretta soprattutto a pazienti oncologici. In questi giorni in Takis hanno cominciato la fase preclinica per identificare un vaccino contro il coronavirus. Sono i primi in Italia e hanno avviato un’iniziativa di crowfunding che, in meno di una settimana, ha consentito la raccolta di 24-25 mila euro. Una goccia però rispetto alle esigenze finanziarie corrispondenti all’obiettivo di portare la sperimentazione all’uomo, stimabili in almeno 2 milioni.
La storia di Takis racconta molto dell’italia della ricerca, con le sue eccellenze e le difficoltà. Aurisicchio, dopo la laurea in biologia all’università Federico II di Napoli e il Phd, entra a far parte del team dei 200 scienziati impiegati nel maxipolo italiano di ricerca della multinazionale americana farmaceutica Merck & Co. Colosso che va in crisi e nel 2009 chiude i centri R&S in
Italia e Giappone. Aurisicchio, che in quegli anni ha studiato molto sui vaccini contro il cancro, va in cassa integrazione, ma non si perde d’animo. «La ricerca è il futuro e noi italiani siamo particolarmente bravi e stimati all’estero», dice, «Per Merck sono stato a più riprese negli Usa. E lì, fuori orario, chi si fermava? Noi italiani e gli scienziati cinesi».
Con altri tre colleghi inizia un’attività di ricerca in una location “in prestito”. Fonda la Takis e una prima commessa dalla Sigma Tau consente il decollo della piccola società biotech. Apre un laboratorio nel polo scientifico a Castel Romano («più noto per l’outlet, per la verità»). Oggi sono in 25, tutti laureati, alcuni dei quali provenienti da altre società che hanno chiuso i loro centri di ricerca. Takis fattura circa 2 milioni con ritmi di crescita annui a due cifre, collabora con gruppi come Novartis, Glaxo, Alfasigma e Janssen. E di recente è risultata prima nella selezione realizzata dall’agenzia Enea di 21 progetti innovativi in partnership. «Investitori? Private equity? Si, certo, li abbiamo cercati e siamo stati contattati», dice Aurisicchio, «si tratta per lo più di americani e svizzeri, specializzati in biotech. Però vogliono che ci trasferiamo. Ma noi intendiamo restare qui. In Italia».