I suoi accostamenti letterari: dei pizzi preziosi
Quando ancora sulle terrazze romane si aspettava la luna e si faceva, parlando parlando, letteratura di prima scelta, mi accadde di incontrare Alberto Arbasino visibilmente in gran forma. Così, per vedere se riuscivo a farmi accogliere nel suo esclusivissimo salotto intellettuale, ho parlato di una magica-demoniaca somiglianza fra due irraggiungibili virtuosi: il pianista Arturo Benedetti Michelangeli e il magnifico autore delle Due zittelle Tommaso
Landolfi. Chiedendomi il permesso di far suo questo accostamento (lascio ai ritratti fotografici le irragionevoli ragioni del mio accostamento) A. A. partì in un vertiginoso, irresistibile gioco di accostamenti letterari.
Di che cosa fosse capace Arbasino nel ricamare accostamenti impossibili resi dal suo ago preziosi come un pizzo valencienne duellando con il suo coetaneo, anche lui bravissimo, Enzo Siciliano sulla terrazza di Maria Bellonci, non so dire se non appellandomi al ricordo di un divertitissimo Gabriele Baldini anni Sessanta.
Alla posterità che per effetto devastante del virus si mostrerà nel futuro scettica nei confronti delle possibilità della scrittura, raccomando Grazie delle magnifiche rose, un’opera messa un po’ da parte per amorpudore dallo stesso A. A. che racconta i meravigliosi primi anni Sessanta dello spettacolo, da Fellini a Sammy Davis, con una verve irresistibile fatta di super cultura con un pizzico (quel tanto e non più) di dandismo, di saltuari viaggi all’estero e di visite ai mostri sacri di quel Novecento di cui Arbasino resta e resterà un campione insostituibile.