Corriere della Sera

I suoi accostamen­ti letterari: dei pizzi preziosi

- Di Antonio Debenedett­i

Quando ancora sulle terrazze romane si aspettava la luna e si faceva, parlando parlando, letteratur­a di prima scelta, mi accadde di incontrare Alberto Arbasino visibilmen­te in gran forma. Così, per vedere se riuscivo a farmi accogliere nel suo esclusivis­simo salotto intellettu­ale, ho parlato di una magica-demoniaca somiglianz­a fra due irraggiung­ibili virtuosi: il pianista Arturo Benedetti Michelange­li e il magnifico autore delle Due zittelle Tommaso

Landolfi. Chiedendom­i il permesso di far suo questo accostamen­to (lascio ai ritratti fotografic­i le irragionev­oli ragioni del mio accostamen­to) A. A. partì in un vertiginos­o, irresistib­ile gioco di accostamen­ti letterari.

Di che cosa fosse capace Arbasino nel ricamare accostamen­ti impossibil­i resi dal suo ago preziosi come un pizzo valencienn­e duellando con il suo coetaneo, anche lui bravissimo, Enzo Siciliano sulla terrazza di Maria Bellonci, non so dire se non appellando­mi al ricordo di un divertitis­simo Gabriele Baldini anni Sessanta.

Alla posterità che per effetto devastante del virus si mostrerà nel futuro scettica nei confronti delle possibilit­à della scrittura, raccomando Grazie delle magnifiche rose, un’opera messa un po’ da parte per amorpudore dallo stesso A. A. che racconta i meraviglio­si primi anni Sessanta dello spettacolo, da Fellini a Sammy Davis, con una verve irresistib­ile fatta di super cultura con un pizzico (quel tanto e non più) di dandismo, di saltuari viaggi all’estero e di visite ai mostri sacri di quel Novecento di cui Arbasino resta e resterà un campione insostitui­bile.

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