«Prima la salute, anche per il Cio I Giochi soltanto dopo il virus»
«Sbagliato criticare Bach: ha semplicemente deciso di attendere e di valutare»
Nel ’64 la sua prima Olimpiade, a Tokyo, da giovane dirigente, aveva 24 anni, non pensava certo, seppur ambizioso, che poi avrebbe governato per mezzo secolo lo sport italiano, e non solo quello, ma negli anni anche Roma da sindaco, a Palazzo Chigi come ministro, nei consigli di amministrazione di grandi gruppi industriali. La passione per il mondo a Cinque Cerchi (e per il calcio) emerge da ogni riflessione, sempre intelligente, di Franco Carraro, 80 anni: «Nel ’64 entrai nel Consiglio del Milan, ero già presidente dello sci nautico, da due anni facevo parte del Consiglio nazionale del Coni, Giulio Onesti mi voleva bene come a un figlio e chiesi di andare a Tokyo a mie spese, cosa che feci, conoscevo l’inglese, facevo da interprete nella delegazione italiana...».
Si farà l’olimpiade a Tokyo? Il Cio la vuole fare a tutti i costi nel 2020, in questo inferno.
«Sbaglia chi critica Bach: il Cio ha deciso di attendere, valutando giorno per giorno la situazione e ipotizzando più soluzioni per il 2020».
Alcuni Paesi, gli ultimi Canada e Australia, si dissociano e sono per il rinvio, 2021 o 2022. Comunque no al 2020.
«Il Cio sta dimostrando con chiarezza che la priorità è la salute, la nota di domenica supera ogni possibile malinteso. Il Cio sa, prima di ogni altro comitato olimpico o federazione, che i Giochi a Tokyo non si possono nemmeno pensare se il mondo, sottolineo il mondo, non si libera prima dal morbo. Rendiamoci conto che non c’è settore che stia andando avanti come prima e lo sport non sfugge a questa realtà».
Rispetto a quella prevista del 24 luglio, il Cio studia due alternative: la data delle Paralimpiadi in agosto e l’altra è ottobre, come nel ’64.
«Quest’ultima è la più suggestiva, molto bella anche dal punto di vista climatico, ma ha forti controindicazioni: sport come calcio, basket e tennis, che dovranno già aggiornare i loro calendari, potrebbero avere grossi problemi a partecipare».
Come reagisce lo sport, chi lo dirige, di fronte alla crisi?
«Lo sport in generale, intendo comitati olimpici e le federazioni, a livello italiano e internazionale, se uniti possono mantenere e rafforzare la loro posizione. Se invece pensano solo agli interessi di bottega a breve termine rischiano
dUnità di intenti
Le liti sono inaccettabili: la drammaticità del momento impone unità di intenti a ogni livello un ridimensionamento nel dopo virus».
Cosa dovrebbero fare istituzioni sportive? le
«Pensare all’interesse generale, lavorare per questo, prepararsi a una sburocratizzazione del sistema, studiarla e programmarla per un futuro che, a virus vinto, sarà completamente diverso su ogni fronte della società».
Tokyo 2020, come la mettiamo col Villaggio olimpico?
«Il problema c’è, è un enorme centro di aggregazione per gli atleti e non solo: ci vivono 15-16 mila persone. Villaggio olimpico vuole dire stare insieme, l’opposto della separazione, dell’isolamento. Ma è chiaro che il Cio nel prendere la decisione analizzerà ogni condizione.
Calcio europeo e italiano, che lei conosce bene: come giudica i tempi di reazione?
«Ha reagito come tutto il resto del Paese, incalzato da un fenomeno nuovo, sconosciuto: per esempio mentre si stava discutendo di giocare a porte aperte o chiuse, il giorno dopo ci si accorgeva che il dibattito era già vecchio, superato dagli eventi».
Ma il calcio nelle sue istituzioni litiga sempre.
«Oggi, liti basate su personalismi o differenze di opinioni sarebbero inaccettabili e un segno di inadeguatezza. La drammaticità del momento impone che a ogni livello si trovi unità di intenti».
A virus battuto, quali passi dovrà fare lo sport per affrontare la crisi, inevitabile?
«Da questa vicenda tutto
dProgrammazione il mondo uscirà più povero e con grandi problemi economici. È normale che chi rappresenta le varie attività dello sport italiano evidenzi l’entità del danno e le possibili soluzioni. La vera nostra forza sono le società dilettantistiche di tutti gli sport che dal dopoguerra a oggi hanno consentito di colmare le molte lacune, a partire da quelle della scuola. L’impoverimento generale determina una situazione drammatica per queste società. Ribadisco, sarà prioritario studiare una serie di sburocratizzazioni di procedure che compensino, senza costi per lo Stato, le insopportabili perdite economiche».
Superata questa esperienza, da uomo di sport come cambierà il suo mondo?
«Nulla sarà più come prima. Ma per tutti, non solo per lo sport».
Le federazioni devono pensare all’interesse generale e programmare un futuro diverso