Stefano Zamagni: hanno dimenticato il Terzo settore Ma non si riparte senza tenuta sociale
Scandisce bene le parole: «In questa crisi il Terzo settore avrebbe potuto e dovuto avere un ruolo di rilievo, invece non è stato minimamente coinvolto. Ed è stato un grave erro-re». Stefano Zamagni, economista e teorico dell’economia civile, primo presidente dell’agenzia del Volontariato e riferimento di tutti questi mondi, dalla sua Bologna analizza la situazione. «Durante l’emergenza fino a qui non si è voluto fare uso del principio di sussidiarietà da tutti acclamato come necessario. Se c’era un’occasione in cui il coinvolgimento degli Enti di Terzo settore era doveroso era proprio questo perché è in questi momenti che i corpi della società civile esprimono la loro massima potenzia di fuoco, come mi piace definirla».
Come, ad esempio?
«Penso, e ne ho già parlato, a realtà come Ant o come Vidas che seguono malati
"
La crisi socio-relazionale Questa emergenza ha messo a nudo il fatto che le persone non soffrono solo per le malattie ma anche per la solitudine e l’incertezza. Per risolvere la crisi socio-relazionale e ricreare un tessuto sociale serve l’esperienza di questi Enti terminali, hanno una grandissima esperienza e personale altamente qualificato. Ant ha 500 tra medici e infermieri e loro stessi mi hanno detto che se li avessero chiamati si sarebbero messi a disposizione. Penso a tutta la rete di Ail, l’associazione per le leucemie e a tutto il volontariato ospedaliero. Fatte salve le misure di sicurezza, ma quanto sostegno avrebbero potuto dare a medici e infermieri già massacrati da turni e emergenza?».
Come si spiega questa «emarginazione» di tutto il comparto del Terzo settore?
«La sensazione è che sia stato considerato ruota di scorta perché in fondo continua a essere visto e vissuto in posizione subordinata».
Che messaggi raccoglie da enti, cooperative e imprese sociali?
«Anzitutto il rammarico per questa mancata chiamata in causa. E poi c’è una grande preoccupazione per il futuro. Pensi al
problema delle donazioni: la stragrande maggioranza di queste realtà si regge sul fundraising, completamente fermo, e sulle donazioni che in questo momento si rivolgono ovviamente agli ospedali e alla Protezione civile. Come faranno con tutti i progetti già avviati e con il lavoro a sostegno di bambini, Neet, anziani, disabili, disoccupati, cooperazione internazionale?».
Proposte?
«Spiace dire che anche in questo caso il Governo ha perso un’occasione. Nel decreto da 25 miliardi a sostegno di imprese e famiglie e partite Iva, tutte iniziative sacrosante, andava inserito anche il Terzo settore. Mi auguro che si faccia con il prossimo decreto perché questi non sono figli di un Dio minore e il Paese sta correndo un enorme rischio».
Quale?
«Rischiamo di trovarci con un’italia più povera dal punto di vista sociale e civile. E sarebbe davvero ironia della storia. Invece va affrontato fin da ora il tema di come si riparte: l’italia è stata chiusa, ed è stato giusto farlo. Ma chiudere è più semplice che riaprire: allora chiediamoci da ora come si può garantire un tessuto sociale e come il Terzo settore può far fruttare in una fase così decisiva le proprie competenze, le reti, l’esperienza accumulata. In questo senso anche chi fa informazione, e quindi il Corriere con Buone Notizie, può avere un ruolo cruciale».
Professore, lei in questi giorni ha contatti con volontari e operatori sociali?
«Di continuo. Molti sono delusi per il mancato coinvolgimento, tutti sono preoccupati per il futuro ma c’è una grande tensione al futuro, una grande energia che mi auguro non vada dispersa».
Ricorda altri momenti di crisi simili a questo?
«Dal Dopoguerra il nostro Paese non ha mai attraversato una crisi così grave. Questa emergenza ha messo a nudo il fatto che le persone non soffrono solo per le malattie ma anche per la solitudine e l’incertezza. E per questo non si può chiedere l’intervento di ospedali e sanitari, che già stanno facendo miracoli. Per rispondere a questo enorme e diffuso senso di abbandono e di solitudine esistenziale sarà basilare attivare il Terzo settore che già ora si sta dando da fare sfruttando le potenzialità delle tecnologie e l’esperienza delle associazioni. Solo così supereremo insieme questa crisi socio-relazionale e potremo ripartire con un rinnovato tessuto sociale».