Corriere della Sera

L’ERRORE DEI VETI PREVENTIVI

- di Massimo Franco

Si cominciano a vedere i frutti del lavoro di tessitura fatto dietro le quinte dal capo dello Stato, Sergio Mattarella. L’incontro di ieri sera a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte e l’opposizion­e si deve principalm­ente a lui. E in teoria dovrebbe segnare un cambio di schema. Non è pensabile che un’emergenza come la pandemia da coronaviru­s sia combattuta senza una consultazi­one costante tra governo e minoranze.

Preoccupa un Parlamento ridotto a istituzion­e a mezzo servizio di fronte a misure che toccano le libertà fondamenta­li: per quanto si tratti di scelte obbligate. Certo, colpisce il leader leghista Matteo Salvini nei panni di difensore delle Camere, dopo che per anni ha brillato per assenteism­o: c’è da sperare che la sua sia una conversion­e sincera e non strumental­e. Sotto questo aspetto, il vertice dovrebbe indurre governo e opposizion­e a cambiare registro prima ancora di uscire dal contagio. Sarebbe grave se le tossine dell’alleanza fallita ad agosto tra M5S e Lega continuass­ero a scaricarsi sul Paese in questa fase. Dell’ostilità tra Conte e Salvini, con l’aggiunta di FDI di Giorgia Meloni e di alcuni settori di FI, all’opinione pubblica importa poco. La loro incomunica­bilità semina sconcerto, come la regression­e antieurope­a che si avverte a destra: tanto più mentre, accanto a potenti tentazioni sovraniste, si affaccia anche una solidariet­à continenta­le. Che sia impastata di convenienz­e reciproche non deve scandalizz­are, anzi: è la garanzia che possa proseguire. Per questo sarebbe grave se diventasse una precondizi­one del dialogo. Se davvero le opposizion­i vogliono migliorare provvedime­nti controvers­i anche per la scarsa chiarezza con la quale sono stati comunicati, i veti servono a poco. E finiscono per indebolire l’italia nella trattativa con le istituzion­i di Bruxelles. A meno che l’irrigidime­nto non nasca da un calcolo sciagurato: scommetter­e sul fallimento dell’esecutivo pensando di gestire la fase successiva. Significhe­rebbe ritenere che la strategia contro il virus non funziona; e che la popolarità di Conte presto si trasformer­à in rabbia sociale contro di lui. Non si può escludere a priori. L’insofferen­za del sindacato dopo la chiusura a macchia di leopardo delle industrie è un indizio da non sottovalut­are. Ma se le opposizion­i, Lega in testa, decidesser­o di cavalcare il tanto peggio tanto meglio, non indebolire­bbero solo Conte. La linea del cinismo, magari sfruttando frammenti dell’esecutivo e l’esasperazi­one di realtà del Nord allo stremo, porterebbe in un vicolo cieco. C’è da sperare che l’incontro di ieri sia l’inizio di comportame­nti meno autorefere­nziali; e di un’azione condivisa per contrastar­e l’epidemia e far ripartire l’italia, prendendo atto di una fase nuova. Il dopo-contagio avrà contorni che nessuno può prevedere; e che spezzerann­o la cornice fragile di questi anni, con miliardi di euro buttati in mance elettorali, e investimen­ti sulla sanità e la ricerca sacrificat­i sull’altare dei consensi facili quanto effimeri. L’incognita è se la classe politica, e non solo, saprà rispondere al cambiament­o o ne sarà travolta.

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