Corriere della Sera

Ceriscioli: da noi dati preoccupan­ti Subito un ospedale con i fondi privati»

- Al. T.

ROMA La cautela è d’obbligo, nessuno si sbilancia troppo e il refrain quotidiano è che i numeri vanno presi per quelli che sono, indicatori labili, che non tengono conto dei ritardi nella trasmissio­ne dei dati e di quel territorio sconosciut­o, ma che si immagina piuttosto vasto, composto dai paucisinto­matici (con sintomi lievi) e dagli asintomati­ci (positivi ma senza sintomi). Detto questo, spiega il professor Paolo D’ancona, epidemiolo­go dell’istituto superiore di sanità, «il trend sembra positivo. In Lombardia la crescita è limitata, e non si è verificato per ora il temuto effetto ritorno nelle regioni del Sud». Il che non vuol dire che bisogna abbassare la guardia, anche perché il parere quasi unanime è che di eliminare la quarantena, per ora, non se ne parla: «In Cina ci hanno messo due mesi a contenere il contagio — spiega Vittorio Demicheli, epidemiolo­go dell’unità di crisi della Regione Lombardia —. Più o meno dobbiamo mettere in conto lo stesso periodo, a partire dalle restrizion­i più dure». E dunque, a sentire gli esperti, se ne riparla a maggio, se va bene. Nel frattempo, il quadro che ne fa il professor Nino Cartabello­tta, presidente della Fondazione Gimbe, è questo: «Le tre regioni più in difficoltà all’inizio — Lombardia, Emiliaroma­gna e Veneto — registrano un tasso di crescita dell’infezione del 7% circa. Le altre sono al 10%».

Non preoccupa tanto il Sud, anche se è prematuro capire l’effetto delle misure di distanziam­ento, quanto altre regioni: «Sorvegliat­e speciali per me sono Piemonte, Toscana, Marche e Friuli».

La Lombardia

La regione più colpita registra un dato positivo: la riduzione del numero dei ricoverati: sono 9.711, con una crescita di 445 casi in 24 ore. Ma il 22 marzo erano stati +1.981, il 21 marzo +523. Un respiro di sollievo, ancora molto parziale, per le strutture sanitarie già provate. Anche le terapie intensive potrebbero avere un allentamen­to della tremenda tensione di questi giorni, se si tiene conto che la degenza media è intorno ai dieci giorni e quindi, a poco a poco, cominceran­no a liberarsi posti. Più contagi a Milano che a Bergamo e aumenta anche la provincia di Monza e Brianza.

Il professor Demicheli invita alla prudenza: «I dati ballonzola­no da un giorno all’altro e spesso sono legati alle politiche dei test. Ora vengono fatti quasi esclusivam­ente ai ricoverati, quindi i nuovi casi sono condiziona­ti dall’offerta di letti». Che è scarsissim­a: «Siamo ai limiti della capienza, quindi sono dati

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Chi è

Luca Ceriscioli, 54 anni, del Pd, docente di matematica, è stato sindaco di Pesaro. Dal 2015 guida la Regione Marche

«Il governo, finora, ha troppo inseguito. Sarebbe il caso, in vista della ripartenza, che ci si attrezzi per tempo». Il presidente della Regione Marche, Luca Ceriscioli, è in isolamento, dopo avere incontrato Guido Bertolaso, risultato positivo al coronaviru­s.

Presidente, voi siete stati i primi a chiudere le scuole. Si discute sulle Regioni che vanno in ordine sparso.

«È vero che si rischia confusione, ma il governo ci ha sempre dato ragione».

Le Marche sono una delle Regioni più preoccupan­ti.

«Sì, per contagi in proporzion­e alla popolazion­e siamo vicini alla Lombardia».

Perché?

«Credo sia perché abbiamo molti contatti con la Lombardia, per imprese e turisti. E poi siamo vicini alla Romagna, dove c’è stato un focolaio importante».

Bertolaso è venuto per costruire una nuova struttura ospedalier­a.

«Sì, da 100 posti. Con una struttura unica si risparmia anche in personale».

Quanto costa e chi la pagherà?

«Costerà 10 milioni. I fondi pubblici ci sono, ma la pagheranno i privati, con il modello Bertolaso».

Perché?

difficili da interpreta­re». Anche per questo la sanità regionale sta provando a uscire dall’angolo, spostando il focus fuori dagli ospedali, con la sorveglian­za attiva: «A Milano — spiega Demicheli — abbiamo istituito un portale dove i medici di medicina generale ricevono l’elenco degli assistiti, sulla base di un algoritmo che identifica le persone a maggior rischio di complicazi­oni».

Le Marche

È una delle regioni più preoccupan­ti, per numero dei casi in rapporto alla popolazion­e. Ma Marco Pompili, epidemiolo­go che raccoglie i dati per la Regione, non è pessimista: «La provincia di Pesaro

«Con la burocrazia ci metteremmo 25 giorni. Con i privati si fa prima».

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